Cultura Suoni
Midnights
Taylor Swift (Beth Garrabrant)

Fino a poco tempo fa gli album di Taylor Swift erano caratterizzati da un continuo mutamento. Dalle colorate fusioni country-rock di Red del 2012 alla teatralità di Reputation del 2017, in ogni disco la cantautrice statunitense ha abbracciato una diversa estetica sonora e visiva. Con Folklore del 2020 e il suo seguito, Evermore, e ora con il suo decimo album in studio, Midnights, il modello di Swift sta diventando un po’ più facile da definire. Non in un senso stilistico stretto, badate bene, dato che Midnights è molto lontano dalla strumentazione folk del dittico precedente e si avvicina alla tavolozza electro-pop di 1989. Il tratto comune è più che altro un temperamento più maturo e un minimalismo intimista che si riflette sugli arrangiamenti. Midnights ha qualche problema di ridondanza, ma questo ha più a che fare con le carenze di Jack Antonoff in veste di produttore, i cui trucchi cominciano a suonare ripetitivi, che con le capacità di Swift come scrittrice e interprete. Midnights alla fine si sente troppo in debito con i suoi lavori passati per spingere la cantante avanti. Se non altro, dimostra che Taylor Swift vuole fare le cose solo alle sue condizioni.
Paul Attard,Slant magazine

Stumpwork
Dry Cleaning (Ben Rayner)

Con il debutto dell’anno scorso, New long leg, la band post-punk britannica Dry Cleaning ci ha fatto provare ogni emozione possibile, creando un suono molto affascinante e distintivo. Di quel disco si è parlato tanto, e con il tempo il suo valore è perfino cresciuto. Anzi, forse ora suona ancora meglio. Per fortuna gli elementi distintivi di quel lavoro tornano tutti nel nuovo Stumpwork. E la cantante Florence Shaw – con il buffo sprech­gesang, i testi surreali e la presenza scenica da Nosferatu – si conferma una boccata d’aria fresca nelle performance rock dai tempi degli Sleaford Mods. Quando la band londinese si attiene a questa formula, e succede spesso, l’album funziona. Ci sono anche novità, come il college rock di Gary Ashby, storia di una tartaruga scomparsa, o la disco mutante di Hot penny day. Ma è nel momento in cui il gruppo rallenta il ritmo che le cose si fanno veramente interessanti: Liberty log è una specie di Vitamin C dei Can ghiacciata lasciata scongelare mentre si guarda un film di Tarkovskij. In Stumpwork la varietà di idee, ritmi e trame impressiona da subito. È come se il gruppo fosse tornato con più forza e consapevolezza sulle idee dell’esordio. Insomma il tipico caso di chi alla seconda prova compie un salto in avanti decisivo. Stumpwork è un album essenziale, probabilmente tra i migliori del 2022.
Ross Horton, The Line of Best Fit

La radio bavarese festeggia gli 85 anni del più importante compositore ucraino vivente, oggi rifugiato a Berlino. Pubblicato nel 1999, il Requiem per Larissa è un toccante omaggio di Silvestrov alla moglie, morta tre anni prima. Maestro della citazione in un personalissimo contesto postmoderno, nel primo movimento Silvestrov sembra ricordare il Requiem tedesco di Brahms. Il suo lamento usa frammenti del testo della messa latina e ricorre spesso al silenzio e alle note lunghe. Nel Tuba mirum ricordi della sua sinfonia n. 1, composizione modernista del 1963, precedono un passaggio etereo dove il sintetizzatore diventa un’armonica a bicchieri. Nel Lacrimosa, vertice dell’emozione più intima, un contralto e un tenore solisti s’appoggiano sul coro della radio bavarese, di una precisione e un’omogeneità stupefacenti. Più avanti, è con le bocche chiuse che i coristi accompagnano una dolce canzone folcloristica, prima di diventare dei fantasmi nella cripta funebre di un Agnus dei dalla finta aria mozartiana. Il direttore Andres Mustonen può sempre contare, oltre che su un coro di qualità vertiginosa, sulla sua raffinata orchestra. È una lettura ammirevolmente chiara.
Benoît Fauchet, Diapason

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1484 - 28 ottobre 2022

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