Il quinto album di Weyes Blood è molto simile all’ultimo di Father John Misty, Chloë and the next 20th century, uscito lo scorso aprile. A parte l’uso di titoli lunghi e colloquiali, entrambi i dischi vantano uno stile da crooner un po’ barocco e un pop classico decisamente poco naturale. A favore della cantautrice californiana, il cui vero nome è Natalie Mering, possiamo dire che in parte riesce a mettere in pratica un approccio più lungimirante e coinvolgente rispetto al suo collega. I generi di cui si nutre il disco sono l’Americana e il folk, ma lei riesce a iniettare in ognuna di queste dieci canzoni elementi più contemporanei, come frammenti di sintetizzatori, drum machine e violini elettrici. Il racconto al centro delle canzoni pesca dall’attualità, visto che il personaggio principale spera di trovare l’amore nonostante i cambiamenti sconvolgenti che avvengono intorno a lei. Le riflessioni post pandemiche più incisive le troviamo in brani come The worst is done, in cui la chitarra finge allegria e le armonie annunciano l’arrivo del Natale mentre Mering ci fa capire che, nonostante un blando sollievo collettivo, alla fine saremo più fottuti di prima. Il vibrato e la sua performance vocale rendono bene il concetto al centro di And in the darkness, hearts aglow: bisogna accettare l’incertezza e abbandonarsi a un conforto temporaneo.
Charles Lyons-Burt, Slant
I Brockhampton sono sempre stati imprevedibili. Hanno cominciato da ragazzini, dopo essersi conosciuti su un forum di fan di Kanye West, e pochi avrebbero immaginato che sarebbero diventati uno dei collettivi rap più importanti degli ultimi anni. Con lo slogan “la migliore boy band dai tempi degli One Direction”, si sono costruiti su un ampio seguito grazie a un mix di sperimentazione e melodia. Le cose non sono sempre andate lisce: diversi membri del gruppo sono stati espulsi, hanno cancellato vari tour e da tempo si parlava del loro scioglimento. Eppure sembrano aver prosperato nel caos. Ora ecco The family: pubblicizzato come il loro ultimo disco, suona come un’ode ingombrante alla carriera del gruppo. Guidato dal frontman Kevin Abstract, che presta la voce a quasi tutti i 17 brani, l’album traccia una storia tra passato e futuro. In The family Abstract alterna campionamenti soul (spesso distorti e accelerati) a suoni presi da mixtape di fine anni novanta, scrivendo una lettera d’amore alla musica con cui i Brockhampton sono cresciuti. Se The family dovesse davvero essere l’atto finale del gruppo, e con loro non è scontato, sarebbe un inchino agrodolce ma alla fine riuscito.
Elly Watson, DIY
Malgrado un contesto economico preoccupante, l’industria del disco è sempre capace di lanciare delle vere sfide culturali, lontane da ogni logica commerciale. Un buon esempio è l’appassionante integrale della musica da camera di Brahms in dieci volumi pubblicata dalla B Records, che si conclude con questi due cd di opere per piano a quattro mani. Ci sono le Danze ungheresi e i valzer op. 39, lavori restituiti con pertinenza alla loro prima forma. Poi le rare variazioni op. 23, costruite su un doloroso tema scritto da Schumann, e le due serie dei Liebeslieder-walzer, op. 52a e op. 65a, nella loro versione minimalista, senza il quartetto vocale previsto dall’edizione originale. Éric Le Sage e Théo Fouchenneret suonano insieme un piano Straight strung grand a corde parallele. Uno strumento che ne scatena l’entusiasmo, sostenuto anche dall’atmosfera vibrante della registrazione dal vivo. Per questo repertorio su disco ricordiamo l’integrale del duo Crommelynck (Claves 1987). Però è difficile immaginarne una più intensa, calorosa e naturale di questa.
Gérard Belvire, Classica
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