Il nuovo romanzo di Bernard Quiriny è una lettura deliziosa. Lo scrittore belga innova con una forma di narrazione frammentata, moltiplicando evocazioni assurde, spesso piacevoli, a volte macabre. E come in un dipinto di Arcimboldo, i dettagli compongono l’insolito ritratto di un personaggio, Archibald di Handrax. Il barone è un essere stravagante. Ciò che lo contraddistingue è il passo laterale e lo sguardo obliquo. Soprattutto, è un bambinone che ama giocare con la sua famiglia, con i trenini elettrici o con le bolle di sapone. Il suo gusto per gli scherzi lo porta a coltivare capricci e stranezze. Compra vecchie case abbandonate, che evita di ristrutturare, e poi ci fa dei brevi soggiorni, per “viaggiare nel tempo”. Ama camminare all’indietro nella natura, il che gli permette di ricomporre il paesaggio. Tutto questo è in linea con la sua pratica preferita, capovolgere l’ovvio per far emergere altre verità. Ma al barone non mancano le ambizioni intellettuali: progetti di volumi incompiuti, o nemmeno cominciati, e con la semplice enumerazione dei titoli potrebbe fare un libro a sé. Scherzo letterario? Sì, ma non solo. Secondo Quiriny, un buono scrittore è quello che “libera i fantasmi”.
Antoine Moreau Dusault, Le Monde
Ritratto del barone d’Handrax
Cosa fare con tutta questa ansia? Questa domanda aleggia nel nuovo romanzo di Charles Baxter, Il collettivo del sole, teso, ironico e commovente. Ambientato a Minneapolis durante il regno di un presidente brutale e banale di nome Thorkelson, è la storia dei pensionati Harold e Alma Brettigan, la cui ricerca del figlio scomparso li conduce al gruppo che dà il titolo al romanzo. I Brettigan vivono in un costante stato di agitazione. Ovunque vadano sembrano incontrare sconosciuti misteriosi e monologanti. Ciò che tormenta i Brettigan e i loro vicini può sembrare un po’ informe e astratto, ma proprio questo è lo scopo di Baxter. La paura degli effetti a cascata innescati da Thorkelson ricorda perfettamente quella degli anni di Trump, anche se i due presidenti non sono del tutto sovrapponibili. Ma il vero dono di Baxter è quello di descrivere le tenere complessità di una relazione. Qui si tratta del post-amore malinconico, a tratti conflittuale, di Harold e Alma, il cui vero problema forse non è l’epoca in cui vivono, ma il tempo, e la loro stessa vecchiaia. Una coppia più giovane, Christina e Ludlow, diventerà lo specchio generazionale dei Brettigan e faciliterà il loro ingresso nel collettivo del sole. Sono anarchici a cui è stato fatto il lavaggio del cervello? Criminali con la mania delle droghe? Hippy? Difficile dirlo. Il collettivo del sole appare confuso. Il misterioso leader parla come un buddista irascibile. La capacità di decifrare le enigmatiche motivazioni di questi giovani ideologi è un’altra delle tante cose che la vecchiaia sta togliendo ai Brettigan, e fa male quanto il resto. Harold si rifà al se stesso che negli anni sessanta protestava contro il Vietnam, ma questa non è la sua battaglia.
Jess Walter, The New York Times
Figlia femmina contiene la quintessenza di ciò che amiamo in Camille Laurens: la delicatezza che non si sottrae a una battuta sfrontata, la riflessione sul linguaggio come presupposto per qualsiasi considerazione sul mondo, l’intelligenza preoccupata che si rovescia improvvisamente in tenerezza. Il libro arriva al momento giusto, in cui si parla molto di femminismo. Camille Laurens non può tuttavia essere iscritta a nessun movimento. Il suo libro non dichiara guerra agli uomini in quanto tali. Solo agli incompetenti, ai fanfaroni, agli stupratori. Il personaggio della figlia femmina che dà il titolo al libro, Laurence Barraqué, è una brava studente, più indipendente della madre, che scopre l’erotismo e le fantasie sessuali, affronta la prova dell’aborto in solitudine, si sposa e ha una figlia. Figlia femmina è un romanzo di formazione.
Claire Devarrieux, Libération
Nell’ospedale militare di Parigi in cui è ricoverata, Taji nota che una stanza è piantonata. Quando gli chiede chi c’è lì dentro, il poliziotto di guardia le risponde: Ahmed Ben Bella, l’ex presidente algerino. Da questo momento i ricordi scorrono nella mente stanca di Taji. Il passato si presenta come un visitatore insistente, con tutta la sua forza. Taji è una giornalista di origine iraniana che negli anni quaranta fondò la prima rivista a Baghdad. Nel corso di ottant’anni, ripercorriamo una vita piena di eventi politici, avventure sentimentali e spostamenti tra le capitali. Leggiamo la storia irachena moderna mescolata all’autobiografia di Taji. Dopo la firma di un trattato con il Regno Unito, proteste e folle riempiono le strade, e qualcuno consiglia a Taji di lasciare il paese, per evitare di essere arrestata con l’accusa di aver provocato la sommossa. La soluzione le si presenta quando riceve un’offerta di lavoro in una radio di Karachi. Lì incontrerà il giovane palestinese Mansour Albadi, il cui amore la accompagnerà fino ai suoi ultimi giorni, senza tuttavia consumarsi. Lui emigrerà in Venezuela e diventerà consigliere del presidente Hugo Chávez, lei sposerà un ufficiale francese che la porterà a lavorare con i servizi di sicurezza francesi, e sarà incaricata di aiutare a uccidere Ahmed Ben Bella durante la rivoluzione algerina, ma alla fine farà un passo indietro. Inaam Kachachi ci dà la possibilità di vedere personaggi ed eventi reali attraverso la sua immaginazione.
Mahmoud Hosny, Arablit
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