L’ambiziosa raccolta d’esordio di Ashleigh Bryant Phillips presenta ventiquattro racconti tutti ambientati nella stessa città rurale del sud. Anche se le storie condividono gli stessi luoghi, a tenerle veramente insieme è la voce limpida dell’autrice e la sua attenzione implacabile per i dettagli. Phillips è cresciuta nella zona rurale di Woodland, in North Carolina, e questo legame intimo con le persone e i luoghi che l’hanno formata genera un’autenticità cruda che raramente vediamo nella narrativa. Per i lettori che non hanno familiarità con la vita rurale i punti di partenza dei racconti possono sembrare esagerati, ma chiunque sia cresciuto in mezzo al nulla li capirà perfettamente. È un mondo in cui una gita da Walmart è emozionante e il primo centro commerciale con l’Apple store è a un’ora e mezza di distanza. Alcune storie sono collegate dai luoghi, altre dai personaggi, perché i protagonisti di un racconto compaiono spesso in un altro. Questi cammei non risultano mai forzati, ma rispecchiano ciò che si prova vivendo in una piccola città in cui tutti si conoscono. L’aspetto più avvincente di queste storie è la loro assenza di sentimentalismo. In quasi tutti i racconti, a un certo punto arriva una scena così cruda da togliere il fiato. Queste svolte sorprendenti, anche se a volte brusche, riassumono tutte le bellezze e le brutalità della vita dei personaggi. Phillips mette in luce figure tipicamente trascurate, private della loro umanità, e infonde in loro dignità e complessità.
Taylor Grieshober, Pittsburgh Post-Gazette
Al centro dell’intrigo di La presidente c’è una politica valenciana che indossa perle, è sovrappeso, carismatica, bevitrice, fumatrice, collerica, sboccata, lesbica, divertente e ipercompetitiva. Si trova al centro di una rete di corruzione in cui il suo ruolo non è chiaro, cade in disgrazia, deve testimoniare all’Audiencia nacional, è molto sola, beve caffè nelle prime ore del mattino e muore, forse assassinata, in un hotel di Madrid. Si chiama Vita Castellá. A imbattersi nel suo caso sono le sorelle Berta e Marta Miralles, detective di trenta e trentadue anni, ragazze di provincia e poliziotte alle prime armi che vivono insieme a Valencia. In una delle loro indagini compare Brenda, una giovane psicologa che qualcuno pensava potesse essere stata la fidanzata di Vita nei suoi ultimi mesi. Secondo Brenda il problema di Castellá era che aveva un bisogno molto doloroso di essere amata, e che questo bisogno l’aveva spinta a tollerare la corruzione dei suoi collaboratori, perché i regali erano il suo modo di placare la sua dipendenza dall’amore e dall’accettazione: “Non era una donna corrotta, ma ha permesso la corruzione, anche quella organizzata e mafiosa, a causa del suo desiderio di acquiescenza. Aveva bisogno che tutti la amassero e le obbedissero. Era al centro di una rete criminale, ma non ne ha beneficiato”, spiega Giménez-Bartlett. Molte pagine di La presidente sono divertenti, e le sorelle Miralles sono come Buster Keaton, stupide e intelligenti allo stesso tempo.
Luis Alemany, El Mundo
Tredicenni nella San Francisco degli anni ottanta, Eulabee e le sue amiche spadroneggiano nel loro ricco quartiere sulla costa. Sea Cliff è famoso per la sua vista sul Golden gate e, per mantenerla tale, tutto ciò che è brutto viene nascosto. Tuttavia, la minaccia si diffonde con l’arrivo della nebbia fredda: ci sono gli scogli e le onde che si infrangono, che le ragazze hanno imparato a navigare cronometrando le maree. Hanno meno controllo sui loro corpi che si stanno trasformando e che, oltre a conferire nuovi poteri, diventano calamite per un altro tipo di minaccia. Dopo che una mattina un uomo accosta per chiedere l’ora mentre vanno a scuola, l’amica più intima di Eulabee, Maria Fabiola, afferma di aver assistito a un atto osceno. Quando poco dopo l’incidente contestato Maria Fabiola scompare, la comunità è scossa, ma Eulabee ha le sue teorie. Seguono altre due sparizioni, ma nonostante l’aggiunta di un suicidio e di un omicidio, i misteri che affascinano Vendela Vida, lei stessa originaria di San Francisco, non sono di tipo poliziesco. Cavalchiamo la marea sonda in modo toccante la volatilità dell’adolescenza femminile, così come gli enigmi più senza tempo dell’indipendenza e dell’identità, della seduzione e della narrazione.
Hephzibah Anderson, The Guardian
Il romanzo d’esordio di Lukas Rietzschel racconta la storia di Philipp e Tobias, due fratelli che crescono in un villaggio dell’Alta Lusazia, in Sassonia, ed entrano in contatto con una banda di neonazisti che disegna svastiche con lo spray e che ben presto indirizza la propria rabbia e la propria violenza contro una famiglia che ha adottato una bambina turca o contro i siriani nel tendone della festa. Una storia sull’adolescenza con feste popolari, problemi scolastici e genitori che litigano: ecco che cos’è Battere i pugni sul mondo. Rietzschel potrebbe aver avuto un impulso politico a scrivere proprio questo romanzo. Ma ha anche lavorato per trovare la forma letteraria più adatta. E in effetti quella scelta è coerente, perché le frasi brevi rispecchiano l’universo mentale di persone che non riescono a trovare le parole per esprimere i loro sentimenti. Quasi non ci sono subordinate, come se l’autore volesse lasciare tra le frasi uno spazio vuoto in cui le domande possano rimanere aperte. Ma Lukas Rietzschel, anche con il suo impegno politico, vuole trovare risposte alla genesi dell’estremismo di destra.
Felix Bayer, Der Spiegel
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