Cronache dalla terra dei più felici al mondo è il primo romanzo di Wole Soyinka in quarantotto anni, e solo il terzo della sua lunga carriera. Il libro è molte cose insieme: una caustica satira politica, un giallo su un omicidio, una storia di cospirazione e un lamento profondamente sentito per lo spirito di una nazione. La trama – contorta, a volte oscura, che spesso s’intreccia in troppi nodi – ruota intorno alla Human Resources, una sinistra azienda online che vende parti del corpo umano da usare in rituali più o meno religiosi. Come spesso accade nella satira, l’aspetto oltraggioso della premessa fittizia deriva dalla sua vicinanza alla verità: la credenza che gli organi umani abbiano proprietà magiche, che conducono al successo negli affari e al potere politico, è nota per aver ispirato omicidi rituali in Nigeria. In superficie, Wole Soyinka si chiede chi gestisce questa macabra industria della carne umana. Tra le righe, tuttavia, esamina lo stato d’animo di una comunità in cui può aver luogo una violenza del genere. Dove nasce questa brutalità, cosa la alimenta, come può avere successo? Queste domande, di carattere morale, sono più difficili da risolvere rispetto all’enigma dell’omicidio, ma sono anche molto più interessanti. Cronache dalla terra dei più felici al mondo è un romanzo pessimista, opera di un uomo e di un autore che non si fa nessuna delle illusioni suggerite, in piena ironia, dal titolo.
Juan Gabriel Vásquez, New York Times
L’eccezionale raccolta d’esordio di Louise Kennedy, La fine del mondo è un cul-de-sac, contiene quindici racconti, ognuno dei quali è una gemma scrupolosamente lavorata. Kennedy è una narratrice dalle doti sbalorditive. È tecnicamente brillante, ed evoca anche una visione del mondo tutta sua. Si pensa di sapere cosa si sta leggendo, ma in un attimo non è più così. Il lettore entra nell’ascensore, ma Louise Kennedy ha preso i comandi e all’improvviso ci ritroviamo a scendere in un pozzo di cui non ci eravamo nemmeno accorti. Così, la storia di un asino che si libera in una tenuta fantasma diventa qualcosa di molto diverso, un racconto che pensiamo possa essere una storia d’amore prima che si trasformi ancora. La vicenda di un’adolescente dell’Irlanda del Nord che si trucca per andare in un bar scatena una narrazione di altre dissimulazioni e travestimenti, dando vita a un mosaico di sorprendente violenza e memoria. Il paese in cui vivono questi personaggi sembra avere stanze nascoste dentro le stanze. L’Irlanda delle fate e del folklore convive con una terra strana, in qualche modo sovrapposta, fatta di chiamate via Facetime, di saloni di bellezza, di coltivazione di cannabis, di fast food e di video di corse di cavalli nei bar e nelle sale giochi. C’è una tensione tra passato e presente, eppure sono parte l’uno dell’altro, una coppia disfunzionale incapace di separarsi. Kennedy è un grande talento.
Joseph O’Connor, The Irish Times
Detransition, baby di Torrey Peters è uno dei pochi romanzi che cercano di descrivere la vita interiore delle donne trans. Il libro segue tre personaggi le cui vite s’intrecciano intorno a una gravidanza inaspettata. Reese, una donna trans che si avvicina ai trent’anni, ha sempre desiderato essere madre. Ma essendo single e con un reddito molto basso, è improbabile che possa adottare un bambino. Il suo ex, Ames, ha vissuto per diversi anni come una donna trans di nome Amy, prima di effettuare la detransizione e tornare a vivere la sua vita come uomo. I due non si parlano da tempo, fino a quando Ames contatta Reese e le dice di aver inaspettatamente messo incinta la sua ragazza, che è anche il suo capo, Katrina. In teoria non doveva essere possibile, dato che quasi tutte le donne trans diventano sterili dopo circa sei mesi di terapia ormonale sostitutiva. Katrina, dal canto suo, ha 39 anni. Questa gravidanza potrebbe essere la sua ultima vera possibilità di avere un bambino, ma è profondamente ambivalente riguardo a questa prospettiva. I dialoghi di Peters a volte stridono e Katrina non è un personaggio pienamente riuscito come Ames o Reese. Ma nonostante questi piccoli difetti Detransition, baby è una lettura eccezionale che guarda all’esperienza trans negli Stati Uniti senza mezzi termini.
Emily St. James, Vox
I futuri studiosi del romanzo di John Elizabeth Stintzi proporranno una miriade di tesi sulla vera natura del libro, per la sua abbondanza e la sua unicità. In 232 densi capitoli Stintzi si rifà in modo inventivo alla trama dei disaster movie: mentre gli eventi imprevisti accelerano verso una catastrofe, tutti i cittadini del mondo sono coinvolti, ma i destini di una decina di persone sono osservati al microscopio. In Libia un golem di pietra vulcanica emerge con l’obiettivo di demolire luoghi inquinati. In Mongolia un pastore è punto da un’ape che si è nutrita di un cardo mutato e diventa il cuore di una rete verde senziente, in grado di trasformare ogni essere vivente che tocca. I singoli esseri umani, nel frattempo, hanno preoccupazioni più immediate, tra pietre magiche, una casa fatiscente che cammina su grandi zampe, insetti giganti, viaggi nel tempo e vulcani scientificamente inspiegabili. Stintzi si destreggia con verve nella trama, ma la saggezza dei personaggi mentre il mondo affronta una crisi senza precedenti è un piacere costante.
Brett Josef Grubisic, Toronto Star
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