Il regista turco sforna un altro dei suoi drammi cecoviani. Ha scelto di nuovo i paesaggi dell’Anatolia occidentale e ancora una volta pone l’enfasi sulla fotografia e sul ritratto. Anche se aggiunge un tocco atipico, un momento meta e brechtiano, quando ci ricorda che stiamo vedendo un film. A prima vista sembra l’ennesimo dramma scolastico in cui un insegnante è accusato di aver abusato di una studente di quattordici anni (Ece Bağcı). Ma poi la vita continua. Il film, apparentemente minaccioso e opaco, si dimostra in realtà avvincente grazie alla sua qualità letteraria, e conferma Nuri Bilge Ceylan nella serie A di Cannes.
Peter Bradshaw, The GuardianAbout dry glasses
Turchia / Francia / Germania 2023, 197’.
Finlandia 2023, 81’.
Non aspettatevi novità radicali dal nuovo film di Kaurismäki, una variazione sul tema del suo cinema malinconico ma “gioioso dentro”. E in effetti il regista finlandese ha presentato Fallen leaves come il quarto capitolo perduto della sua trilogia dei poveracci. Sia Ansa (Alma Pöysti) sia Holappa (Jussi Vatanen) non hanno più un lavoro. Si conoscono e decidono di andare insieme al cinema, ma Holappa perde il foglietto con il numero telefonico di Ansa. Il fatto che si salutino davanti a una locandina di Breve incontro può suggerire che non tutto filerà liscio, ma in fondo sappiamo che, in materia d’amore, il cupo Kaurismäki è una specie di ottimista, e quindi una piccola speranza sopravvive.
Jonathan Romney, Screen International
Francia 2023, 151’.
Nel quarto lungometraggio di Justine Triet c’è tutto quello che ci deve essere. Un’ottima scrittura, attori perfetti, un segreto ben custodito, un’atmosfera ambigua. E anche qualcosa in più, in questo film che esamina le angosce di una coppia di scrittori, uno dei quali è trovato morto. Omicidio o suicidio? Non lo sapremo mai, ma il cammino lungo questo mistero è un appassionante compendio di cinema. Davanti ai giudici, Sandra, sotto accusa, scava nei meandri della sua intimità con il compagno Samuel, la presunta vittima. Come altre opere recenti, Anatomie d’une chute s’inserisce nel canone dei film processuali, distaccandosene. Quello che interessa l’autrice è la storia di due scrittori che si distruggono a vicenda.
Clarisse Fabre, Le Monde
Stati Uniti 2022, 113’.
Da una trama che potrebbe animare un pruriginoso sceneggiato tv, l’autore di Lontano dal paradiso e Carol tira fuori un dramma profondo e torrido, uno studio sui personaggi che ispira interpretazioni superbe alle protagoniste. L’attrice Elizabeth (Natalie Portman) sta preparando il ruolo di Gracie (Julianne Moore), una donna che vent’anni prima aveva dato scandalo per la sua relazione con un adolescente. Ora i due sono sposati e accettati dalla loro comunità, ma l’arrivo di Elizabeth, che vuole studiare da vicino il personaggio, riaccende gli animi. Il personaggio di Portman irradia malafede, mentre la Gracie di Moore combina durezza e vulnerabilità. Ma il vero piacere risiede nello scontro tra stili: in alcuni momenti è trash e voyeuristico, in altri ricorda Persona di Bergman.
Geoffrey Macnab, The IndependentMay december
Stati Uniti / Regno Unito / Polonia 2023, 106’.
I film sull’olocausto spesso si dividono sulla necessità di mostrare o meno le atrocità commesse, ma pochi si sono impegnati a rappresentare la banalizzazione del male come l’agghiacciante The zone of interest di Jonathan Glazer. Rudolf Hoss, la moglie e i cinque figli si godono un picnic in riva al fiume. Quando tornano nella loro bella villa festeggiano il compleanno di uno dei bambini. Un eden ariano che può distrarre da alcuni dettagli minacciosi, come il filo spinato sul muro di cinta della villa, o le sinistre ciminiere in funzione sullo sfondo. Anche se non vediamo mai le atrocità che avvengono dietro quel muro, la mostruosità dei personaggi emerge dalla loro apparente umanità.
David Erlich, IndieWire
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