In piedi davanti a casa, sotto un cielo incerto, Ivana Casadei si considera fortunata. “L’acqua è arrivata solo in giardino”, ha detto la donna, 61 anni, che abita a Ronta, una frazione di Cesena. “Ma l’abitazione dei vicini è distrutta e adesso stanno da noi. Siamo in otto, più cinque cani”.

Il 21 maggio in Emilia-Romagna c’era ancora l’allerta rossa dopo le catastrofiche alluvioni in cui sono morte quindici persone e 36mila sono rimaste senza casa. L’acqua ha devastato circa cento città e paesi – molti dei quali ancora allagati – e la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha deciso di rientrare in anticipo dal vertice del G7 in Giappone per affrontare l’emergenza. Il 20 maggio un elicottero dei soccorsi è precipitato vicino a Lugo mentre controllava i danni alla rete elettrica. Una delle quattro persone a bordo è rimasta ferita. L’abitazione dei Casadei è in una delle zone che i soccorritori sono riusciti a raggiungere solo il 20 maggio, a causa del vento che impediva l’arrivo del loro gommone e per colpa di una frana che aveva interrotto la strada. Una vicina dei Casadei, Marinella Maraldi, è morta, e il suo corpo è stato trascinato per diciannove chilometri lungo il fiume Savio prima di essere trovato a Cesenatico, sulla costa adriatica. Anche il marito di Maraldi, Sauro Mannuzzi, non ce l’ha fatta: probabilmente sono morti entrambi mentre cercavano di portare in salvo i loro animali. La figlia è sopravvissuta. “Io e Marinella abbiamo partorito nello stesso periodo”, racconta Casadei. “Erano una coppia meravigliosa. Nessuno di noi aveva mai vissuto prima un’alluvione come questa. Persone quasi centenarie affermano di non aver mai visto nulla di simile”.

Arriverà la depressione

Chi è rimasto senza casa è stato ospitato da familiari o amici, mentre altri sono stati sistemati in alberghi o rifugi temporanei. Tra gli ospiti dei Casadei ci sono anche Marina e suo marito, la cui casa è inagibile. “Ancora non ci rendiamo conto”, dice Marina, che come unico vestito è riuscita a salvare il suo abito da sposa. “Siamo storditi. Ci sentiamo fortunati per essere ancora qui e la solidarietà ci dà coraggio. Ma tra un po’ forse arriverà la depressione”. I soccorritori, a cui si sono uniti migliaia di volontari, tra cui molti studenti arrivati da tutta Italia, stanno lavorando senza sosta per ripulire le strade dal fango e dalle macerie o per portare da mangiare e vestiti a chi è nei rifugi o nelle aree isolate.

Salvare la stagione turistica

A Ronta ci sono cumuli di mobili lungo le strade. I volontari formano una catena umana per passarsi secchi pieni d’acqua. Lorenzo Camagni, 25 anni, racconta che non dorme da tre giorni. “Abbiamo la casa allagata da più di due metri e mezzo d’acqua. Ho provato a pomparla via per nove ore prima che arrivassero i soccorritori. I miei genitori sono devastati, ma ci sentiamo fortunati visto che in tanti stanno peggio di noi”.

La quantità di pioggia che normalmente cade in sei mesi è precipitata in trentasei ore. Solo qualche settimana fa l’area era stata colpita da forti temporali, che avevano ucciso due persone. L’alluvione è stata preceduta da una siccità che aveva seccato il terreno, riducendo la sua capacità d’assorbire l’acqua. Le inondazioni hanno provocato più di 305 frane, che hanno danneggiato o causato la chiusura di cinquecento strade. I disastri legati ai fenomeni meteorologici stanno aumentando in Italia, un paese particolarmente vulnerabile alla crisi climatica.

Enzo Lattuca, sindaco di Cesena, spiega che la popolazione era stata avvertita ventiquattr’ore prima delle forti piogge. Tuttavia convincere alcuni di loro a lasciare le case non è stato facile, soprattutto in collina. “In quel momento c’era il sole e molti non credevano alla minaccia di pioggia”, ha detto Lattuca.

Paride Antolini, presidente dell’ordine dei geologi dell’Emilia-Romagna, sostiene che le frane stanno “stravolgendo la cartografia dell’area”. “Molte strade sono scomparse”, ha detto all’agenzia di stampa Ansa. “In sessantatré anni non ho mai visto niente del genere, è troppo anche per un geologo”.

Anche le aree costiere dell’Emilia-Romagna sono state colpite dalle alluvioni, con i detriti che si sono riversati sulle spiagge. I proprietari degli stabilimenti si sono affrettati a ripulire le loro strutture nella speranza di salvare la stagione, visto che in molti hanno disdetto le prenotazioni negli alberghi per l’ultima settimana di maggio.

“Il turismo è fondamentale, molti di noi sopravvivono grazie alla stagione estiva”, ha dichiarato Simone Battistoni, presidente della Cooperativa stabilimenti balneari di Cesenatico. “Ma siamo pronti ad accogliere i turisti. Nel frattempo, trenta di noi stanno facendo i turni per portare prodotti di prima necessità a chi è rimato senza casa”.

A Riccione, popolare località balneare in parte colpita dall’alluvione, Raoul Conti, titolare di uno stabilimento, racconta: “Abbiamo lavorato tutti per pulire la spiaggia in un paio di giorni, ma ci sentiamo fortunati: il nostro pensiero va ai nostri vicini a pochi chilometri di distanza. Ovviamente l’inizio della stagione ne ha risentito, ma non credo che ci saranno effetti sul resto dell’estate: qui siamo testardi e raddoppieremo gli sforzi”. ◆ nv

Il commento
Colpa di chi costruisce troppo

◆ Di fronte a questo disastro ci si chiede se ci sia un colpevole. “È troppo facile dire che in trentasei ore è caduta la pioggia che di solito cade in sei mesi”, scrive Marc Beise, corrispondente dall’Italia del quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung .“In un’epoca di crisi climatica causata dall’attività umana”, prosegue Beise, “sono in aumento gli eventi climatici estremi, particolarmente pericolosi quando dopo la siccità arrivano forti precipitazioni. Questa alternanza ha prodotto sul suolo degli Appennini un’instabilità mai vista e preoccupante”. Beise scrive che in Emilia-Romagna “la situazione in pianura e nelle città è imputabile agli esseri umani, visto che questa è tra le regioni più cementificate d’Italia. Una circostanza che conosciamo bene anche in Germania: costruire a qualsiasi costo, sigillando ampie parti di territorio e costringendo i fiumi in letti molto stretti, senza tenere conto delle esigenze della natura”. Il quotidiano tedesco afferma che si tratta di fatti noti da anni. Anche in Italia si dice da tempo che bisogna salvaguardare la natura per fronteggiare le calamità. “In passato sono stati proposti programmi da diversi miliardi di euro per l’Emilia-Romagna, che però gli scontri tra schieramenti politici hanno bloccato. Adesso che la catastrofe è arrivata sono tutti dispiaciuti. Spesso le cose vanno così: l’essere umano, infatti, non è portato per la prevenzione”.


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Questo articolo è uscito sul numero 1513 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati