Le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali si stanno affrettando a rispondere al devastante terremoto che il 28 marzo ha colpito la Birmania, provocando migliaia di vittime e distruggendo intere comunità.
Il sisma di magnitudo 7,7 che ha scosso la parte centrale del paese ha causato danni enormi in città come Mandalay, Sagaing e Naypyidaw, la capitale istituzionale, seminando il caos negli ospedali e costringendo decine di migliaia di persone a lasciare le loro abitazioni. I morti accertati sono almeno tremila, ma il bilancio è destinato ad aggravarsi.
L’ufficio dell’Onu per gli affari umanitari (Ocha) ha avviato le prime operazioni di assistenza, dislocando squadre di emergenza per valutare i danni e facilitare la distribuzione degli aiuti. “L’impatto in diversi stati e regioni del paese è stato catastrofico”, dice Annette Hearns, vicedirettrice della sede dell’Ocha a Yangon. “Il costo in termini di vite umane è drammatico. Secondo le nostre stime, milioni di persone vivono nelle aree colpite dal sisma e dalle scosse di assestamento registrate in seguito”. In tanti sono costretti a dormire per strada e le provviste scarseggiano. “Hanno bisogno di un tetto, di acqua pulita, di beni alimentari ed essenziali, in sostanza tutto ciò che è necessario per sopravvivere”, ha precisato Hearns.
Anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si è mobilitata inviando quasi tre tonnellate di forniture mediche agli ospedali, che faticano a gestire l’arrivo dei feriti, compresi kit di primo soccorso e tende da campo. Dall’estero stanno arrivando aiuti in denaro, ma non è chiaro se la giunta militare che governa la Birmania userà i fondi per le operazioni di soccorso e assistenza. Il Regno Unito ha promesso 12 milioni di dollari, l’Australia e gli Stati Uniti due milioni dollari a testa. Il Fondo centrale per le emergenze delle Nazioni Unite (Cerf) ha inviato cinque milioni di dollari. La Cina ha donato 13,8 milioni di dollari e inviato 135 specialisti del soccorso, oltre a forniture mediche e generatori. L’India ha mandato due aerei militari con a bordo il materiale per allestire un ospedale da campo e più di cento professionisti sanitari per creare un centro di pronto soccorso a Mandalay. La Russia ha inviato 120 professionisti del soccorso, mentre l’Irlanda ha promesso di inviare 6,5 milioni di dollari in aiuti. Anche i paesi del sudest asiatico come Malaysia, Singapore e Thailandia hanno inviato forniture e personale specializzato.

Il timore è che i fondi possano essere usati in modo non appropriato e, se inviati attraverso i canali controllati dalla giunta, finire nelle tasche dei militari. “L’esercito birmano ha sempre politicizzato e controllato gli aiuti di qualsiasi tipo provenienti dall’estero. In alcuni casi i militari hanno limitato la concessione di visti e imposto limiti agli spostamenti in modo da impedire agli operatori umanitari di raggiungere le aree non controllate dalla giunta”, spiega Phil Robertson, direttore di Asia human rights and labour advocates (Ahrla). “Il personale di soccorso proveniente da Cina, India, Russia e dai paesi dell’Asean (l’associazione delle nazioni del sudest asiatico) è autorizzato a entrare perché generalmente disposto a seguire gli ordini. Questo spiega come mai molti operatori provenienti da quei paesi sono stati inviati nella capitale Naypyidaw, mentre Sagaing, uno dei centri della resistenza dei ribelli, è stata trascurata”, dice Robertson.
Le ricadute dei tagli all’Usaid
Secondo Robertson gli operatori provenienti dal Nordamerica e dall’Europa rappresentano un problema per la giunta perché sono determinati a portare gli aiuti dove sono più necessari, indipendentemente dal fatto che un territorio sia controllato dall’esercito o dai ribelli armati che dal 2021 combattono una guerra civile. Per questo il regime ostacola la loro attività “nell’ambito di una politica militare precisa che ignora gli interessi della popolazione”, sottolinea Robertson.
È ancora vivo il ricordo di quanto accaduto dopo la devastazione lasciata dal ciclone Nargis nel 2008, quando la giunta militare bloccò gli aiuti internazionali (come nel 2023 con il ciclone Mocha) e conferma che l’esercito birmano è capace di ostacolare la distribuzione degli aiuti occidentali.
Gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo di primo piano nel sostenere la Birmania nei momenti più importanti della sua storia, ma ora i tagli drastici imposti dal presidente Donald Trump all’Usaid, l’agenzia di Washington per lo sviluppo internazionale, avranno un effetto nefasto sulle operazioni di soccorso nel paese. “Gli Stati Uniti non sono più i leader mondiali nella risposta ai disastri nel mondo”, spiega Robertson. “Elon Musk e il Dipartimento per l’efficienza federale (Doge) non hanno solo eliminato i fondi dell’Usaid, ma hanno anche abbattuto l’infrastruttura burocratica e umana necessaria per far funzionare i programmi di aiuti”.
◆ I soccorsi dopo il terremoto di 7,7 gradi sulla scala Richter che il 28 marzo ha colpito la Birmania centrale, con danni fino a mille chilometri dall’epicentro, sono complicati dalla guerra civile in corso nel paese dal febbraio 2021, quando l’esercito ha deposto il governo eletto di Aung San Suu Kyi. Già prima del sisma la giunta militare aveva limitato pesantemente l’assistenza ai tre milioni di sfollati in fuga dal conflitto. Mentre il principale movimento di resistenza armata contro la giunta, le Forze di difesa del popolo (Pdf), ha annunciato un cessate il fuoco di due settimane nelle zone colpite dal sisma, l’esercito ha continuato gli attacchi. Nonostante la minore disponibilità di armi e di persone, i combattenti filodemocratici, alleati con le milizie armate delle minoranze etniche che da decenni lottano per una maggiore autonomia degli stati periferici della Birmania, controllano ormai buona parte del paese. La resistenza è coordinata dal governo di unità nazionale (Nug) in esilio, composto da esponenti del governo deposto e da parlamentari eletti. Il Nug ha annunciato che le forze di resistenza collaboreranno con le Nazioni Unite e le agenzie internazionali per agevolare le operazioni di soccorso nelle aree sotto il loro controllo. Anche se la giunta a sorpresa ha lanciato un appello per gli aiuti internazionali, ci sono molti dubbi sul fatto che li distribuirà a chi ne ha bisogno. Associated Press
Il blocco delle comunicazioni è un altro ostacolo per la risposta internazionale al disastro. Il 30 marzo il portavoce della giunta, il generale Zaw Min Tun, ha dichiarato che i giornalisti stranieri non potranno entrare in Birmania per documentare la crisi.
Nonostante la risposta solidale di molti governi, le operazioni di soccorso devono affrontare enormi impedimenti. Il rischio di carenze di forniture sanitarie è sempre più grave, mentre gli ospedali stanno esaurendo farmaci essenziali, strumenti per il primo soccorso e anestetici. “Il terremoto ha colpito il paese nel peggior momento possibile”, dice Sheela Matthew, coordinatrice del Programma alimentare mondiale (Pam) in Birmania. “Già prima una persona su quattro era alle prese con una grave insicurezza alimentare: la Birmania non è in grado di affrontare un altro disastro”.
I danni alle infrastrutture sono un altro elemento che ha ostacolato le operazioni di soccorso. Importanti strade, ponti e aeroporti sono stati pesantemente danneggiati. La conseguenza è un rallentamento del trasporto delle provviste verso le aree più colpite. “In questo momento critico, la popolazione della Birmania ha bisogno dell’aiuto del resto del mondo”, aggiunge Hearns. “La risposta umanitaria ha sofferto per anni di una carenza di fondi. Ora che il sisma sta aggravando i bisogni della gente, è indispensabile reperire risorse il prima possibile per salvare vite umane e ridurre le sofferenze dei birmani”.
Non fidarsi della giunta
Mentre il numero di morti continua ad aumentare, le squadre di assistenza locale e i cittadini che vivono nelle aree colpite lavorano giorno e notte per assistere i sopravvissuti. Ma considerando che intere città sono ridotte in macerie e migliaia di persone sono ancora intrappolate sotto gli edifici crollati, è possibile che la vera portata del disastro abbia appena cominciato a emergere. Robertson raccomanda prudenza quando il regime birmano accetta milioni di dollari in aiuti: “La giunta indirizzerà i fondi verso le aree che controlla e li distribuirà a gruppi e comunità fedeli all’esercito”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati