“Il desiderio d’amore romantico a volte si accumula dietro le mie tempie”, scrive la poeta Amy Key nel suo primo libro in prosa. Nella nostra società, il romanticismo è sia un ideale sia un obbligo. La coppia è la norma, ma non per tutti. Key, che ha circa quarant’anni, non ha avuto un fidanzato per più di vent’anni. In questa autobiografia mostra come, nonostante la vergogna che a volte prova per il fatto di essere single, la sua vita rimanga piena d’affetto. Key è aiutata dal fondamentale album Blue di Joni Mitchell, che ha ascoltato per la prima volta a quattordici anni. All’epoca, il disco “accese il mio desiderio e la mia aspirazione all’amore romantico”, scrive Key, che usa ognuna delle dieci canzoni di Joni Mitchell come punto di partenza per riflettere su se stessa. Ricorda gli ex fidanzati e la felicità domestica dei suoi nonni, e critica con intelligenza e spirito la convinzione moderna secondo cui devi amare te stesso prima di aspettarti che lo faccia qualcun altro. Miracolosamente, la prosa di Key mantiene tutta l’intimità dei suoi versi. Musica da camera singola è uno studio tenero e sovversivo sull’amore nelle sue molteplici forme.
Ellen Peirson-Hagger, New Statesman
La rivoluzione secondo Raymundo Mata getta scompiglio in modo giocoso e colto nella vita e nell’opera dello scrittore ottocentesco José Rizal. Gina Apostol coglie la relazione tra la sua narrativa e il movimento per l’indipendenza delle Filippine dal dominio spagnolo. Il romanzo, pubblicato nel 2009, usa l’espediente delle memorie ritrovate di un rivoluzionario di nome Raymundo Mata. Il risultato è impegnativo, confuso, estenuante e allo stesso tempo impressionante. Questo resoconto dell’importanza politica e letteraria di Rizal proviene dalla voce narrante di Estrella Espejo, un’editrice che ora vive in una clinica a causa di un esaurimento nervoso. Dalla cella di un carcere statunitense, nel 1902, Mata racconta la sua vita. Figlio di attori di provincia, ipovedente, entra a far parte del movimento indipendentista filippino. I dissidenti si riuniscono attorno a Rizal, un oftalmologo che scriveva romanzi e che attaccava il dominio spagnolo senza mai chiederne apertamente la fine (il suo arresto e la sua esecuzione avrebbero invece contribuito a farlo cadere). Vertiginosamente preoccupato dalla propria genealogia testuale e dalle speculazioni borgesiane che derivano dalle sue frenetiche annotazioni (il memoir di Mata è in realtà l’ultimo romanzo non riconosciuto di Rizal?), il libro a volte sembra essere stato più divertente da scrivere che da leggere. Ma si tratta di una nota a piè di pagina in questo meraviglioso insieme di racconti filippini.
Randy Boyagoda, The New York Times
La nuova me è un romanzo deprimente. Parla di una donna depressa di nome Millie, che ha un deprimente lavoro temporaneo e che precipita in una depressione ancora più grande alla prospettiva che possa diventare fisso. È anche tristemente divertente. L’ambientazione d’ufficio potrebbe essere considerata coraggiosa per un romanziere: la maggior parte dei lavori sono noiosi, lamentarsi di quanto lo siano può esserlo ancora di più. Butler lo dipinge come una sorta di morte spirituale: “Mi siedo alla mia scrivania e raccolgo lentamente i soldi che posso usare per pagare l’affitto del mio appartamento e il cibo in modo da poter continuare a vivere e continuare a venire in questa stanza e sedermi a questa scrivania”. I suoi meccanismi di sopravvivenza sono l’alcol, il binge-watching di crime show, l’umorismo e una deliziosa perfidia. Millie appartiene alla scuola consolidata dell’antieroina privilegiata. I genitori le pagano l’appartamento e lei è terribilmente snob. Quel luogo di tensione tra le aspettative del privilegio e la realtà incolore della vita nel terziario avanzato è un territorio fertile per la commedia. Il capitalismo fa sì che le persone si comportino in modo odioso e che l’ufficio diventi lo sfondo di piccoli atti di psicopatia, vendetta e narcisismo. È l’unica realtà che conosciamo. E questo è un pensiero deprimente.
Rhiannon Lucy Cosslett, The Guardian
Ogni anno escono romanzi in prima persona, spesso di ventenni, che affrontano il capitalismo e il sesso nel tentativo di dire qualcosa sulla cultura in cui viviamo. L’esordio di Sarah Thankam Mathews segue Sneha mentre affronta il suo primo lavoro dopo il college a Milwaukee e la sua prima relazione con una donna. Il punto di vista di Mathews sulla società, sul genere e sull’amore è rivelatore e fresco, senza mai diventare stucchevole, e mostra il modo in cui capitalismo e razzismo influiscono sulla vita quotidiana senza sembrare un libro di testo. Mentre Sneha cerca di gestire la sua famiglia che vive in India e la sua relazione sentimentale, prova continuamente a dividere la vita in porzioni ordinate e pulite. E, come molte persone queer, ha difficoltà a far entrare gli altri nel proprio mondo. Sarah Thankam Mathews ha voluto sfidare l’idea neoliberale del sé che si forma nel vuoto. Voleva invece mostrare un sé che si forma attraverso gli altri. Il rapporto di Sneha con il genere sembra sempre in evoluzione. Tuttavia, il romanzo conferisce una certa grazia alla narratrice, permettendole di mantenere il suo potere sulle cose e la sua ambiguità.
Grace Byron, The Observer
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