Ancora vita è un tonico per chi ha voglia di viaggiare e una cura per la solitudine. Svolgendosi senza fretta come la storia, celebra la miriade di modi in cui si esprime l’amore e si formano le famiglie. L’azione comincia in Italia durante la seconda guerra mondiale. Mentre le bombe cadono intorno a loro, il soldato britannico Ulysses s’imbatte in Evelyn Skinner, una storica dell’arte di 64 anni, incaricata d’identificare i capolavori nascosti nelle colline toscane per proteggerli da furti e distruzioni. Quando Ulysses s’interroga sulla coerenza del suo lavoro in mezzo alla carneficina della guerra, lei ha la risposta pronta: “L’arte ci apre gli occhi sulla bellezza del mondo”, dice Evelyn. “La questione non è arte contro umanità, Ulysses. L’una non esiste senza l’altra”. Ulysses, un ragazzo insolitamente riflessivo e compassionevole, non dimenticherà mai questa lezione, ma non ha motivo di pensare che rivedrà Evelyn. La guerra, dopotutto, è una calamità abile nel creare relazioni come nel distruggerle. E il resto del romanzo, che attraversa più decenni, si svolge all’ombra del trauma comune della mancanza di qualcuno. Come la vita reale, a volte sembra non avere alcuno slancio in avanti. Ma risulta avvincente perché Winman crea un’impeccabile illusione di spontaneità.
Ron Charles, The Washington Post
Con i suoi capitoli brevi abilmente intrecciati, la trama veloce, le caratterizzazioni minime e la forte atmosfera regionale, il nuovo romanzo di Chris Offutt assomiglia più a una serie tv poliziesca di alta qualità ambientata negli Stati Uniti rurali che a un’opera letteraria. Mick è tornato in Kentucky dopo aver combattuto in Iraq, Afghanistan e Siria. È un ufficiale dell’esercito specializzato in indagini su criminali e omicidi. È ormai un cliché che ogni poliziesco contemporaneo cominci con il ritrovamento di un corpo femminile, di solito nudo e spesso vittima di violenza sessuale. E anche qui una donna è trovata nel bosco, abbandonata “come spazzatura”. Non è la solita ragazza giovane e bella, ma una vedova di 43 anni apparentemente senza ombre. Mick, in licenza dall’esercito per seguire gli ultimi giorni di gravidanza della moglie, diventa l’investigatore principale (non ufficiale), su richiesta della sorella Linda, sceriffa della contea appena nominata ma inesperta. Così Mick si rende irreperibile, rischiando di essere arrestato dalla polizia militare. I suoi motivi sono altruistici, il desiderio di evitare ulteriori spargimenti di sangue in una comunità in cui le faide sono all’ordine del giorno. È un altro luogo comune dire che un’opera di genere trascende il suo genere: in questo caso, il genere ha ostacolato le doti naturali che Offutt ha mostrato in altri libri.
Joyce Carol Oates, The New York Times
La fuga di William Atkins verso i deserti non va considerata come scoperta ma come recupero, il suo è un impulso ascetico. Atkins ama i deserti per la loro austerità e per la chiarezza di pensiero che garantiscono. Dall’Oman all’Australia, dalla Cina all’Arizona, i deserti gli offrono allegorie del maltrattamento del pianeta da parte dell’umanità. Nei capitoli ambientati negli Stati Uniti il libro decolla, forse perché l’affinità culturale è tale che la scrittura di viaggio di Atkins cede a qualcosa di più simile all’antropologia. Vagando nel deserto dell’Arizona con l’associazione No more deaths, lascia pacchi con prodotti per la sopravvivenza agli immigrati messicani irregolari, poi li segue fino al tribunale in cui, centinaia al giorno, sono condannati al rimpatrio. Ci sono poche donne in Un mondo senza confini: per Atkins, così come lo fu per sant’Antonio, il deserto è il luogo in cui allontanarsi dal genere femminile. Nel capitolo finale l’autore va a piedi alla chiesa-santuario di Sant’Antonio nel deserto orientale dell’Egitto. Lì le tensioni che il libro crea tra la vita e la morte, l’aridità e la fertilità, l’umido e il secco, l’amato e l’amante, cominciano a sciogliersi.
Gavin Francis, The Guardian
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