Un fascino degno della nouvelle vague vibra in questo film senza tempo ma tipicamente francese: un triangolo amoroso nella Parigi dei café e degli artisti a cui il regista newyorchese Ira Sachs dà un tocco particolare. Appassionato dei tumulti capaci di trasformare ogni cosa, nell’intimità come nella società, si appropria di questa materia tormentata con paradossale concisione e una serena tenerezza. Già si era visto in Frankie (2019), ma l’esercizio risulta ancora più riuscito in questa storia di un matrimonio omosessuale in cui una donna semina disordine. Tra la parigina Agathe (Adèle Exarchopoulos) e il britannico Martin (Ben Whishaw) nasce una rivalità a distanza per il regista tedesco Tomas (Franz Rogowski). Ma al di là della gelosia, c’è qualcos’altro che fa salire la tensione. Con un’autorità sorniona Tomas attribuisce i ruoli che vuol far interpretare alle persone che ama, come fossero dei personaggi. Agathe sarà il desiderio e la possibile madre per un eventuale figlio di una coppia che non potrebbe averne. Un’amante utile. Martin sarà il fratello, il compagno di giochi, a volte l’amante, il complice manipolato. Ma la vita non è un copione. Su un fondo che ha una certa durezza pessimistica, Sachs infonde una saggezza consolatoria e si specchia in Tomas, un uomo dal potere distruttivo ma anche un sincero utopista che vuole condividere il suo sogno, fuori dalla realtà. Ci attacchiamo a tutti e tre i personaggi, che ci toccano con la sincerità dei loro desideri e delle loro emozioni, messe a nudo anche dalla precisione di tre magnifici interpreti. Frédéric Strauss,Télérama
Francia / Germania 2023, 91’. In sala
Malaysia 2022, 96’. In sala
Da quando era bambina Jules (Fiona Dourif) ha un dono: può vedere e osservare gli spiriti dei morti. Al momento sfrutta questa capacità per condurre The skeleton crew, una serie televisiva in cui lei e la sua troupe visitano luoghi “infestati” in giro per il mondo. Quando finiscono nel resort di Fraser’s Hill, in Malaysia, inizialmente pensano che il loro ricco ospite abbia architettato una complicata truffa. Ma ben presto si rendono conto che potrebbero essere i testimoni di episodi di possessione mai visti prima. L’espediente del found footage usato da Lee non deve trarre in inganno. Gli horror a cui il regista s’ispira sono più contemporanei, in particolare quelli di James Wan. E anche se alcune scelte non sono originalissime, Lee ha il merito di mostrare alcune delle sequenze più terrificanti alla luce del giorno, invece di abbandonare il terrore nell’oscurità come sempre più spesso fanno troppi autori.
Matthew Monagle, Austin Chronicle
Regno Unito 2022, 101’. Mubi
Il selvaggio e fantasioso lungometraggio di debutto di Thomas Hardiman, ambientato nel Regno Unito durante una competizione per parrucchieri, fornisce un piacere orgogliosamente indelicato e accuratamente strutturato. Con uno svolgimento in tempo reale, girato come se si trattasse di un unico piano sequenza, il film ruota intorno alla morte improvvisa della grande attrazione dello show, trovato dietro le quinte senza scalpo. Mentre gli altri concorrenti e i loro modelli aspettano di essere interrogati da detective che non vediamo mai, tutti sono sospettati, non solo l’inquietante guardia giurata. Ci sono la logorroica Cleve (Clare Perkins), che ha problemi a controllare la rabbia; la devota Divine (Kayla Meikle), che lavora part-time in un’impresa di pompe funebri ed è abituata alle teste dei cadaveri; e infine l’intrigante Kendra (Harriet Webb), che forse è in combutta con l’organizzatore dell’evento. Hardiman orchestra il gioco con esuberante finezza e sfacciata sensibilità, tenendoci sempre sulla corda. In un momento in cui troppi film sembrano eccessivamente cauti e trattenuti, Medusa deluxe è gloriosamente disinibito e vistosamente divertente.
Jeannette Catsoulis, The New York Times
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