Il film si apre sul volto di porcellana di una vedova, dentro un’agenzia di pompe funebri. Il celebre compositore è appena morto, a San Pietroburgo, ma continuerà a perseguitare sua moglie proprio come quando era vivo. In un flashback denso e inquietante di più di due ore Kirill Serebrennikov torna sulle loro nozze fatali che si celebrarono nella chiesa di San Giorgio, a Mosca, nel 1877. Antonina (Aljona Mikhailova) è una giovane di una famiglia molto ricca che studia pianoforte al conservatorio nonostante lo sciovinismo degli insegnanti. Quando le propone di sposarlo, Čajkovskij è già un compositore affermato, sul punto di diventare una leggenda nazionale. Lo ha fatto per convenzione sociale, dato che non ricambia l’amore di Antonina per lui. Consumata dai suoi sentimenti, Antonina sopporterà ogni cosa pur di rimanere insieme al marito, di cui si ostina a negare l’omosessualità. Il regista decide di non mostrare praticamente mai il maestro al lavoro. E anzi si spinge oltre privandolo (cinematograficamente) delle mani. Insiste invece sui primi piani della moglie per farci vivere fino in fondo la sua frustrazione: non può suonare il piano (un mestiere da uomini, le dicono) e toccare il corpo del marito, che letteralmente soffoca al minimo contatto. Non è difficile vedere nelle scelte di Serebrennikov, artista dissidente, una sorta di punizione nei confronti di un eroe nazionale.
Murielle Joudet, Le Monde
Russia / Francia / Svizzera 2022, 143’. In sala
Norvegia 2022, 97’. In sala
Sembra proprio che il titolo La persona peggiore del mondo sia stato sprecato sul film norvegese sbagliato, visto che è arrivato un pretendente nettamente migliore. Realizzata dagli stessi produttori del film di Joachim Trier, questa cupa commedia di Kristoffer Borgli dipinge il ritratto di un mostro e suggerisce che la brama di attenzioni può portare alla totale autodistruzione. Signe (Kristine Kujath Thorp) ha una relazione tossica con l’artista (e ladro) Thomas. Il narcisismo fa sì che la coppia possa apparire ben assortita. Lui sarà anche disonesto e avrà la tendenza a sminuire la sua ragazza, ma il maniacale bisogno di attenzioni spinge Signe a raccontare qualsiasi bugia le salti in mente pur di concentrare su di sé interesse, ammirazione e, in ultima battuta, pietà. Allo scopo di suscitare questi sentimenti Signe distrugge scientemente la sua pelle attraverso dosi massicce di un farmaco poco affidabile. Le sue bugie diventano sempre più insostenibili, ma nessuno guarda abbastanza da vicino per rendersi conto della realtà. E lei stessa non fa niente per salvarsi. Sick of myself è uno strano film sui mostri, in cui la creatura rivolge la sua furia su di sé senza capire dove sbaglia. Una satira non raffinatissima ma nel complesso stimolante.
Helen O’Hara, Empire
Iran 2023, 77’. In sala
Nella loro prima collaborazione i registi Alireza Khatami e Ali Asgari osservano la vita sotto la teocrazia iraniana dal punto di vista di dodici persone comuni di varie età, incorniciato da un prologo e da un epilogo. Mentre i personaggi si barcamenano in complicate situazioni legate alla repressione sociale, il film non perde un colpo. In ogni episodio, uno dei protagonisti è alle prese con figure autoritarie che diventano sempre più invadenti, anche se i registi non ce le mostrano mai: interlocutori senza volto ideali per rappresentare un sistema disumano. Nella storia di apertura un padre si sente dire che il nome che ha scelto per il figlio appena nato non va bene. È in qualche modo straziante osservare Selena, otto anni, mentre scopre che i suoi colori preferiti non sono ammessi dall’uniforme scolastica. In uno degli episodi più riusciti vediamo Farbod che deve rendere conto dei suoi tatuaggi durante l’esame per ottenere la patente di guida. Anche se con qualche ripetizione Kafka a Teheran sfida ogni tradizione imposta dall’alto, tenendo acceso un barlume di speranza.
Jihane Bousfiha, The Playlist
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