Cultura Suoni
Cat Power sings Dylan: the 1966 Royal Albert hall concert
Cat Power (Inez+Vinoodh)

Non sorprende che Chan Marshall, in arte Cat Power, si diverta a mettere la sua impronta sul materiale degli altri. Ha già pubblicato tre album di questo tipo: The covers record (2000), Jukebox (2008) e Covers (2022). Registrare una raccolta di canzoni di Bob Dylan non è un’idea nuova. Ma affrontare tutti e 15 i brani (sette acustici e otto elettrici) dal famigerato tour del 1966 dal vivo alla Royal Albert Hall di Londra nel 2022 spinge il concetto verso il territorio della performance d’arte. A parte il fatto che il pubblico britannico era più bendisposto verso Cat Power rispetto a quello ribelle di Dylan (all’epoca gli urlarono “Giuda!” per contestare la sua svolta elettrica), non c’è molta alterazione negli arrangiamenti scelti da Cat Power. Lo stile morbido di Marshall è diverso da quello acuto e roco di Dylan, e i suoi musicisti, anche se esperti, non offrono le dinamiche di The Band. È un gioco divertente, soprattutto per i fan di Cat Power, che applica la sua impronta al materiale che ama. L’atmosfera dal vivo esalta l’entusiasmo, l’audio è nitido e lo spettacolo realizza quello che si propone. Ma non sostituisce di certo l’originale.

Hal Horowitz,
American Songwriter

Selvutsletter
Lost Girls (Signe Fuglesteg Luksengard)

Alcuni possono tranquillamente scrivere, registrare e pubblicare della musica, ma Jenny Hval è diversa da loro, perché per lei è una necessità. Con un album pubblicato ogni anno dal 2011, ormai ha un archivio tale da lasciare intendere che se non fosse così prolifica esploderebbe. Håvard Volden, suo compagno nel progetto Lost Girls, è simile a lei e il loro secondo lavoro insieme è un’altra scatola di pop sperimentale. Selvutsletter è un mix invitante di avanguardia e dance orecchiabile. Nelle cadenze spettrali di Hval convergono gli echi di straordinarie sperimentatrici come Björk, Laurie Anderson e Kate Bush, ma l’apporto di Volden non è meno indispensabile: usa i sintetizzatori come fossero chitarre, creando paesaggi sonori densi e atipici, tra Steve ­Reich e Brian Eno. I due si compensano l’una con l’altro, andando oltre la piacevolezza radiofonica di Classic objects e avvicinandosi al vampiresco Blood bitch, due album di Hval del 2022 e del 2016. Selvutsletter è un disco che invita a fermarsi e perdersi al suo interno. Il mondo ci sembrerà diverso quando riemergeremo.
Hayden Merrick,
Loud and Quiet

Vibrant rhythms. Musiche di Ginastera, Villa-Lobos, Sandi, Schumann

Il titolo di questo album, che in italiano sarebbe Ritmi vibranti, descrive bene sia il repertorio sia lo stile esuberante e incisivo del giovane pianista boliviano José Navarro-Silberstein. Nella Suite de danzas criollas di Ginastera ci sono momenti sottili e sexy, ma anche uno swing contagioso. Nella selezione di Villa-Lobos il Plantio do caboclo ha una prospettiva perfetta, e il pianista spara senza esitazione le note ripetute e i glissandi spericolati della Dança do índio branco. I Ritmos panteísticos di Marvin Sandi non sono tutti altrettanto interessanti, ma è difficile immaginarne un’esecuzione più impegnata. Alla fine ecco le Davidsbündler­tänze di Schumann, una delle sue sequenze di pezzi più volubile e stravagante, 18 brevi movimenti che lasciano un grande margine di libertà interpretativa. Gli audaci abbellimenti del virtuoso di La Paz nel primo e nel settimo pezzo ne sono un’ottima dimostrazione, e raramente lo stride piano del numero 8 è suonato così facile e disinvolto. Ma Navarro-Silberstein sa anche quando è meglio rimanere semplici, come dimostra la sua interpretazione diretta e sincera del numero 17. Vibrant rhythms è il notevole debutto solista di un pianista che vale la pena di seguire con attenzione.
Jed Distler,
Classics Today

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1537 - 10 novembre 2023
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