“Per diventare una scrittrice ho dovuto imparare a interrompere gli altri, a parlare chiaro, a parlare un po’ più forte, e poi sempre più forte, fino a trovare la mia voce che non è forte affatto”. Questa è la citazione che compare sulla copertina dell’edizione inglese di Cose che non voglio sapere, nato da un’iniziativa della casa editrice indipendente Notting Hill Editions che ha chiesto a diversi autori e autrici di rispondere a un saggio importante. La scrittrice sudafricana Deborah Levy ha scelto Perché scrivo di George Orwell. Cominciare a leggere la risposta di Levy è stato come trovare un’oasi nel deserto. La scrittura è di tale qualità che devi abbeverarti lentamente. Questo mini-memoir si muove attraverso tre luoghi: Maiorca (dove l’autrice si rifugia per riflettere), il Sudafrica (dove è cresciuta e dove suo padre, sostenitore dell’African national congress, è stato incarcerato) e il Regno Unito (in cui ha passato un’adolescenza da esiliata). Come Orwell anche Levy è divertente da leggere ma a differenza di Orwell è meno metodica nell’organizzazione. È brava a creare i misteri più che a dissiparli. Ma soprattutto Levy è una fuggitiva, ed è questo che dà al suo libro una sottile, imprevedibile e sorprendente atmosfera. Non si trova mai davvero in disaccordo con Orwell (lui apprezzerebbe come sa intrecciare la politica sudafricana alla sua narrazione) ma il suo trionfo arriva quando dimostra che la volontà di scrivere può non partire da una spinta razionale.
Kate Kellaway, The Guardian
Facciamo conoscenza con Tollak, il protagonista del romanzo, in età avanzata. È solo, malato e ce l’ha col mondo. La tecnologia, il tempo presente… tutto ha contribuito alla sua rovina. Barricato in una vecchia fattoria vive con la sola compagnia del giovane Oddo, detto “Oddo lo scemo”. Non vede più i figli ormai adulti e i nipoti lo infastidiscono: passano la giornata a giocare con i telefoni. L’unica luce della sua vita era la defunta moglie Ingeborg. Tollak la mette così: “Io sono Tollak di Ingeborg. Appartengo al passato. E non intendo cercare il mio posto da qualche altra parte”. All’inizio il posto di Tollak e Ingeborg è quella fattoria annessa a una segheria ereditata dal padre di lui. Poi la segheria fallisce, schiacciata dalla concorrenza dei grandi centri commerciali. I figli si allontanano per studiare in città e un giorno Ingeborg scompare nel nulla. Noi lettori sappiamo che c’è di più: la sua sparizione è una tragedia, un terribile segreto. Senza Ingeborg nella sua vita Tollak comincia a bere e sprofonda in una cupa depressione. Con premesse del genere non bisogna essere degli scienziati per capire che le cose andranno di male in peggio. Tollak è un personaggio difficile che in qualche modo ispira simpatia per la sua testardaggine ma anche per come diventa indifeso quando gli eventi cominciano a precipitare in modo bizzarro. La mia Ingeborg è un romanzo potente, meravigliosamente scritto in cui tutto sembra avere un’ambigua doppia valenza.
Jan Ø. Helgesen, Nettavisen
Dorothy Tse vive a Hong Kong e scrive in cinese, è un’apprezzata autrice di novelle e racconti. Il professore e la ballerina del carillon è il suo primo romanzo e ha preso forma durante le proteste del 2019 e del 2020. La storia si svolge in due Hong Kong fittizie e sovrapposte chiamate Never. La prima è un luogo di gerarchia e di oppressione, di sviluppo sfrenato e di sotterranea e brutale competizione. Il professor Q vive lì e più che un ricercatore è un burocrate frustrato a caccia di fondi inutili; anche la moglie Maria è una donna di apparato. La seconda Never è una zona d’ombra, piena di pericoli e di potenzialità misteriose. Ed è lì che Q vive le sue fantasie più sfrenate: la prosa di Tse si avvolge intorno a lui come un tentacolo e lo getta in paesaggi che sono un po’ Bosch e un po’ Freud. Immaginate Fantasia di Walt Disney ma per adulti, Alexander Portnoy sotto acidi, un parco tematico per perdere la verginità gestito da Mefistofele in persona. Nella prima Never, quella di superficie, Q nasconde una collezione di bambole in un armadio segreto nel suo studio. Quando trova Eiliss, una bambolina che danza in un carillon, la sua vita cambia. Quando Eiliss prende vita Q si ritrova risucchiato in una realtà parallela in cui i disordini studenteschi che incendiano la sua città sembrano solo un’eco lontana. Lui si sente finalmente libero, ma come Emma Bovary è sfuggito alle catene della repressione per finire imprigionato nelle sue stesse fantasie. E il romanzo smette di essere la storia di Q per mostrarci anche le prospettive di Maria e della bambola Eiliss, una donna dei sogni intrappolata tra l’umano e il meccanico.
Katy Waldman, The New Yorker
Il primo romanzo della canadese Deborah Willis viaggia pericolosamente sul crinale tra satira e tragedia. I due protagonisti, Kevin e Amber, stanno insieme da 14 anni, da quando si sono conosciuti al liceo. Lei lavora come receptionist e lui come comparsa dopo aver accantonato il sogno di scrivere. A differenza di Kevin, Amber ha ancora delle ambizioni. Quando un miliardario mette in palio in un gioco televisivo di fantascienza un viaggio su Marte, Amber accetta la sfida con entusiasmo: tutto pur di sfuggire alla routine della sua vita con Kevin e dedicarsi alle coltivazioni idroponiche che potrebbero salvare la Terra. La mia ragazza su Marte si rivela una commedia più realistica di quello che potremmo credere. Nancy Wigston, Toronto Star
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