Per Agnès de Clairville la collera del mondo agricolo non è una novità. Un’infanzia passata almeno in parte in campagna e il contatto diretto con il lavoro nei campi, conseguenza dei suoi studi di agronomia, le hanno dato piena coscienza di una realtà dura. Dopo un romanzo d’esordio (La poupée qui fait oui, 2022) in parte autobiografico sulla violenza sessuale e i silenzi familiari, in Corps de ferme de Clairville fa ricorso alle sue competenze biotecnologiche. Nel suo secondo romanzo racconta la vita quotidiana di una fattoria, una piccola azienda agricola gestita da un uomo, sua moglie e i suoi due figli. La ripetitività immutabile delle mansioni, le difficoltà economiche, le norme sanitarie da rispettare sono descritte con una precisione impressionante. La particolarità è che le voci del racconto, sempre in prima persona, sono animali: un vitello, una mucca, un gatto, una cagna, un maiale. Il loro sguardo sul mondo degli esseri umani diventa una specie di lente d’ingrandimento per una tragedia pastorale sapientemente costruita sull’asse dei cicli della vita. Le Monde
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Questo articolo è uscito sul numero 1550 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati