All’inizio, i bambini stanno bene. Gli adulti, però, stanno già scivolando verso Sodoma e Gomorra. È il punto di partenza del romanzo di Lydia Millet, una riflessione stimolante sul conflitto generazionale che si respira nell’aria. C’è da scommettere che diventerà un piccolo classico: Il signore delle mosche per una generazione di ragazzi lasciati a cavarsela da soli su un pianeta in rapido riscaldamento. Millet affronta la crisi esistenziale del cambiamento climatico con una comprensione tecnica della scienza e una comprensione umana del cuore. I figli del diluvio si muove come un tornado in un percorso imprevedibile che si abbatte sulla nostra compiacenza. Si apre come una commedia adolescenziale. Un gruppo di famiglie ha affittato una vecchia villa per l’estate. La narratrice è un’adolescente di nome Evie. Un giorno uno degli adulti regala al fratellino Jack una Bibbia illustrata. Jack studia Antico e Nuovo testamento con la cura di un antropologo e la curiosità di un biologo. Il suo nuovo hobby sembra innocuo, ma Dio e Lydia Millet operano in modi misteriosi. Quando un tremendo uragano risale la costa, la loro villa è distrutta dalla caduta degli alberi e poi circondata da acque inquinate. La tempesta è solo la prima di una serie di calamità che oscureranno il romanzo spostandolo verso orizzonti distopici. Millet trasforma la storia dell’arca di Noè in un racconto moderno del cambiamento climatico per produrre una visione sconvolgente del nostro futuro apocalittico. Il romanzo funziona così efficacemente perché è un’allegoria che resiste costantemente al messaggio prevedibile che di solito hanno le allegorie. Ron Charles, The Washington Post
Anche se è vero che ogni famiglia infelice è infelice a modo suo, sembra abbastanza chiaro che molte hanno dilemmi e guai simili. Uno che compare frequentemente nella vita e nella letteratura è l’incapacità o la mancanza di volontà di lasciar andare il passato e i suoi errori, le sue delusioni e i suoi risentimenti generazionali. La tirannia del passato è un problema centrale in Gli altruisti, esordio di Andrew Ridker, intelligente, divertente e padrone dei suoi mezzi. La trama del libro, che gira intorno a una riunione di famiglia, offre ad Arthur Alter e ai suoi due figli adulti la possibilità – forse l’ultima – di sfuggire ai loro carichi di dolore ereditato e di senso di colpa e ai loro tentativi incauti di altruismo, in modo da connettersi finalmente tra di loro e andare avanti. Naturalmente, le cose non vanno come previsto. Qualunque cosa questo significhi per i personaggi, è una buona notizia per i lettori: lo scontro tra le aspettative di ricongiungimento e la realtà dei legami familiari dà a Ridker l’opportunità di scrivere alcune delle scene più comiche e commoventi del libro e, così facendo, di affermarsi come un talento promettente. I suoi flashback sul passato dei personaggi sono convincenti e coinvolgenti, anche se spezzano un po’ la linea principale della storia impostata nei capitoli iniziali. L’ambiziosa miscela di prospettiva globale e commedia umana intima può suggerire paragoni con il lavoro di Jonathan Franzen e Nathan Hill. Smuovendo gli strati del tempo e dell’esperienza quasi come uno psicoanalista, Ridker arriva al cuore della disfunzione della famiglia, creando al contempo personaggi dotati di una vera profondità. Il finale caloroso apre la possibilità di un futuro luminoso per Arthur e i suoi figli, così come per l’autore di questo eccezionale debutto.
Stephen Mccauley, The New York Times
Splendido studio di un personaggio avvolto in un romanzo su una rapina, Deserto d’asfalto di S.A. Cosby è la storia di Beauregard Montage, un virginiano nero che ha un passato criminale come pilota per la fuga dopo la rapina. Ora sta cercando di stare dalla parte giusta della legge per il bene della sua famiglia, nonostante un’attività in fallimento e i debiti crescenti. Beauregard è riluttante a vendere l’auto che gli ha lasciato il padre Anthony, anche lui abile pilota, che è scomparso lasciando il figlio a scontare la pena per un crimine commesso per suo conto. Ma acconsente ad aiutare un ex socio a rapinare una gioielleria, anche se il piano è losco. Le cose vanno prevedibilmente male, la famiglia di Beauregard finisce in pericolo, e sembra che la storia si ripeta. Un complesso e commovente approccio alle tensioni razziali e alla mascolinità autodistruttiva, con sequenze d’azione e inseguimenti in auto che ruggiscono dalla pagina. Laura Wilson, The Guardian
“Eppure, sono già due volte che questa ragazza ha dovuto incassare una maledetta catastrofe di morti”. Sophie Daull, autrice di due libri autobiografici, ha infatti “incassato” già due morti: quella di sua madre, uccisa a coltellate dopo essere stata violentata, e quella di sua figlia che, a sedici anni, è stata colpita in pochi giorni da un’infezione che i medici non hanno individuato. Daull immagina i pensieri che può aver fatto l’assassino di sua madre, un giardiniere comunale, vedendo in tv la figlia della sua vittima che promuoveva il suo primo libro. Questo assassino è stato condannato all’ergastolo ma ora è libero, è vero: è stato rilasciato in anticipo per buona condotta dopo diciotto anni di prigione. È sopraffatto dal male che ha fatto? Non lo sappiamo. Sophie Daull lascia l’assassino per tornare all’autofiction, poi la mescola gradualmente con la fiction. I suoi andirivieni imitano gli incubi e i ricordi che non la lasciano in pace.
Virginie Bloch-Lainé, Libération