Cultura Suoni
Blue weekend
Wolf Alice (dirty hit)

C’è un verso che colpisce subito nel brano Smile, che fa parte del nuovo album dei Wolf Alice: “Sono quello che sono e mi va bene. Se non ti piaccio, non m’interessa”. Roba un po’ da sbruffoni, se pensiamo a quanto siano stati sempre dei comunicatori prudenti. Dopo il successo dei primi due album, la vittoria dei Mercury prize nel Regno Unito e una nomination ai Grammy awards, i Wolf Alice hanno fatto tanta strada per essere quello che una volta avremmo chiamato un gruppo indie. A prima vista incarnano bene lo spirito musicale degli anni venti, in cui le aspirazioni tranquille sono preferibili al glamour. La leader della band, Ellie Roswell, canta delle frustrazioni quotidiane di una ventenne e i punti di riferimento sono il grunge e lo shoegaze, con un tocco di Elastica e punk. Blue weekend però è un album che punta in alto. Il produttore è Markus Dravs (Arcade Fire, Coldplay, Björk), cioè il tipo che chiami quando vuoi spingerti un po’ in avanti. Inoltre la pandemia gli ha lasciato più tempo per perfezionare in studio quello che in passato avrebbero già considerato finito. Nel loro caso non c’è discrepanza tra ambizione e abilità, tutto sembra funzionare perfettamente. Blue weekend è il suono di una band che fa quello che fa alla grande, tanto da costringere anche il più fermo bastian contrario ad ammetterlo. Per questo la spacconata di Smile ha senso. Alexis Petridis,The Guardian

Jazz Is Dead 7

Per la settima pubblicazione della loro etichetta Jazz Is Dead, Adrian Younge e Ali Shaheed Muhammad si sono rivolti a João Donato, l’uomo che secondo João Gilberto ha inventato il ritmo della bossa nova. Dopo aver vinto un Latin Grammy per l’album Sambolero del 2005, l’ultraottantenne brasiliano maestro delle tastiere negli ultimi anni ha continuato il suo tranquillo percorso musicale. Dopo le sue collaborazioni con il trio degli Azymuth, Donato sembrerebbe sulla carta il prossimo alleato ideale per Younge e Muhammad. È un musicista noto per il suo gusto, per la semplicità e le melodie forti. Tutti gli ingredienti che ci si aspetta dalla musica della Jazz Is Dead sono qui: l’atmosfera rétro anni settanta sostenuta da tastiere e chitarra funk graffiante e sfocata, e colorata da un mix distintivo di flauto e sax tenore. In questo disco ci sono diversi passaggi apprezzabili, ma nel complesso funziona meno rispetto ai dischi precedenti di Donato. Può fare molto meglio. Mark Sampson, Sounds and colours

Pray for Haiti
Mach-Hommy - griselda
Mach-Hommy (griselda)

Fino a poco tempo fa, la musica dell’enigmatico rapper del New Jersey Mach-Hommy era sfuggente come lui, che nascondeva la sua faccia dietro una bandana mentre rappava di argomenti come la natura seducente del crimine. Finora molti dei suoi album erano stati in vendita solo sul suo sito, prima di essere tolti completamente da internet. Negli ultimi anni, tuttavia, ha inondato i servizi di streaming di vecchie versioni dei brani, perdendo parte del fascino ma diventando più accessibile, anche se nasconde ancora il volto. Il suo nuovo disco, Pray for Haiti, è stato prodotto dal suo collega rapper Westside Gunn e restituisce in pieno il fascino della musica di Mach-Hommy, che si muove abilmente con i suoi giochi di parole attraverso campionamenti soul molto curati. Con questo approccio alle rime, il rapper si lancia in una nuova missione, come recita nel pezzo Au revoir: “Cerco di assicurarmi che tutti e la loro mamma abbiano sentito parlare di Mach-Hommy”. Sheldon Pearce, The New Yorker

Prokofev: integrale delle sonate per piano

Dinara Klinton ha frequentato per anni il circuito dei grandi concorsi internazionali, uscendone spesso premiata. La sua solida tecnica e la maturità artistica sono ideali per le sonate per piano di Prokofev, soprattutto perché la pianista ucraina le tratta come musica anziché solo come ginnastica. Per esempio, ascoltate la frequentatissima settima sonata: nel precipitato finale invece di sfrecciare acriticamente attraverso le pagine, come tendono a fare tutti i giovani virtuosi, Klinton prende il tempo per metterne in risalto la complessità ritmica e le melodie interne. Ogni tanto qualche ascoltatore preferirebbe interpretazioni esplosive, ma i tempi più lenti di Klinton le permettono di sottolineare meglio la forma. È un piacere ascoltare un’integrale delle sonate così profondamente musicale e controllata. Jed Distler, ClassicsToday

Altro da questo numero
1413 - 11 giugno 2021
Abbonati a Internazionale per leggere l’articolo.
Gli abbonati hanno accesso a tutti gli articoli, i video e i reportage pubblicati sul sito.