diplomazia
Nel 2010, quando WikiLeaks pubblicò migliaia di dispacci del dipartimento di stato degli Stati Uniti, il mondo potè farsi un’idea di quale fosse la realtà quotidiana della diplomazia statunitense, tra manovre aggressive per difendere gli interessi del paese e dubbi sulle esitazioni degli alleati. Tre anni dopo Edward Snowden fece luce sulla portata del programma di sorveglianza della National security agency statunitense (Nsa). Oggi il governo americano deve fare i conti con un’altra fuga di documenti riservati. Si tratta di circa cento rapporti sulle operazioni militari in Ucraina.
Washington sta ancora cercando di riportare Snowden negli Stati Uniti
Stavolta il peso delle rivelazioni è diverso: le informazioni sono meno esaustive rispetto a quelle diffuse in passato, ma sono anche molto più attuali. A preoccupare la Casa Bianca e i funzionari del Pentagono è proprio la rilevanza che potrebbero avere nell’immediato. I documenti più delicati – dalle mappe della difesa aerea ucraina all’analisi dei piani segreti della Corea del Sud per consegnare munizioni a Kiev in tempo per la controffensiva di primavera – sembrano risalire ad appena quaranta giorni fa, e alcuni potrebbero contenere dati su operazioni imminenti. Questo spiega perché l’amministrazione Biden considera le rivelazioni particolarmente pericolose.
Le più di cento pagine di slide e rapporti non lasciano dubbi: gli Stati Uniti sono coinvolti nella gestione quotidiana della guerra in Ucraina, soprattutto attraverso la raccolta d’informazioni e l’assistenza logistica, che finora hanno aiutato molto l’esercito ucraino.
Il presidente Joe Biden ha vietato all’esercito statunitense di attaccare direttamente bersagli russi e si è rifiutato di inviare armi che potrebbero colpire il territorio russo, ma i documenti riservati dimostrano che oggi, più di un anno dopo l’inizio della guerra, gli statunitensi partecipano pesantemente a quasi tutti gli altri aspetti del conflitto. Washington fornisce a Kiev informazioni dettagliate sui bersagli e sta coordinando la lunga e complessa filiera logistica che porta gli armamenti fino alle postazioni militari ucraine. I documenti indicano anche che alla fine di febbraio i funzionari statunitensi erano convinti che nel 2023 i combattimenti nel Donbass si sarebbero “cristallizzati in una condizione di stallo”, che avrebbe vanificato i tentativi di Vladimir Putin di conquistare la regione e quelli degli ucraini di cacciare l’invasore.
Un importante funzionario dell’intelligence occidentale ha definito “un incubo” la pubblicazione dei rapporti. Il 9 aprile Dmitri Alperovitch, presidente del Silverado policy accelerator, organizzazione statunitense specializzata nella sicurezza informatica, ha ammesso i suoi timori: “Questa faccenda potrebbe rivelarsi dannosa in diversi modi”, compresa la possibilità che i servizi di sicurezza russi usino i documenti diffusi “per scoprire in che modo gli Stati Uniti riescono a intercettare” i piani del Gru, il servizio d’intelligence militare russo, e anche per prevedere le manovre militari dell’Ucraina.
I documenti pubblicati finora sono un’istantanea dell’approccio americano alla guerra in Ucraina. Molte pagine sembrano provenire direttamente dai fascicoli che circolano tra i capi di stato maggiore e in alcuni casi contengono aggiornamenti preparati dal centro operativo della Cia. Oltre alle informazioni statunitensi sugli ordini di battaglia, ce ne sono altre che riguardano un aspetto ancora più utile per i vertici militari russi: le previsioni su dove saranno posizionati i sistemi di difesa aerea che i paesi della Nato stanno inviando in Ucraina.
Inoltre, ci sono alcuni avvertimenti sulle possibili rappresaglie della Russia, anche fuori dai confini dell’Ucraina, nel caso la guerra continui. Un documento particolarmente inquietante della Cia parla di un gruppo di hacker filorussi capace di penetrare nella rete canadese per la distribuzione del gas, che avrebbe “ricevuto da un presunto funzionario dei servizi di sicurezza federali russi (Fsb) l’invito a conservare l’accesso all’infrastruttura in attesa di ulteriori istruzioni”. Per ora non ci sono prove che l’attacco sia stato ordinato, ma il rapporto rivela il timore che possa succedere. Visto il livello di segretezza di questi allarmi, molti fascicoli riservati circolano solo tra i funzionari statunitensi o tra quelli dei Five eyes, l’alleanza tra i servizi di sicurezza di Stati Uniti, Australia, Regno Unito, Nuova Zelanda e Canada. I loro governi si sono accordati informalmente per evitare attività di spionaggio reciproco, ma l’impegno non è valido nei confronti di altri alleati e partner degli Stati Uniti. Diversi elementi indicano che gli americani abbiano intercettato le conversazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj e quelle di alleati ancora più stretti di Washington, come la Corea del sud.
Un rapporto, che ricorda le rivelazioni di WikiLeaks del 2010, descrive il dibattito nel governo di Seoul su come gestire la pressione degli Stati Uniti per l’invio di altre armi all’Ucraina, una decisione che violerebbe la politica della Corea del Sud che prevede di non consegnare direttamente armamenti in una zona di guerra. Nel documento si legge che il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol era preoccupato dalla possibilità che Biden lo chiamasse al telefono per chiedergli di contribuire di più alle difese di Kiev.
Per i funzionari sudcoreani l’argomento è delicato. Di recente si sono rifiutati di rispondere alle domande di un giornalista sul possibile invio in Ucraina di munizioni di artiglieria da 155 millimetri, che il paese produce in grandi quantità. Un funzionario aveva dichiarato che la Corea del Sud non voleva violare le proprie politiche sull’invio di armi né rischiare di compromettere il suo delicato rapporto con Mosca. Ora però il mondo ha scoperto che gli Stati Uniti avevano imposto i “tempi di consegna” per la spedizione di quelle munizioni, insieme a una stima dei costi: 26 milioni di dollari.
Conseguenze sopravvalutate
Ogni nuova pubblicazione di documenti riservati alimenta il timore (spesso esagerato) che possano esserci danni a lungo termine. È successo nel 2010, quando il New York Times pubblicò una serie di articoli in cui analizzava nel dettaglio alcuni documenti tra i dispacci prelevati da Chelsea Manning, all’epoca soldato in Iraq, e diffusi da Julian Assange, fondatore di WikiLeaks.
Poco dopo, la segretaria di stato Hillary Clinton sostenne che dopo quella fuga di notizie nessuno avrebbe più voluto dialogare con i diplomatici statunitensi. Naturalmente non è successo, anche se oggi diversi funzionari stranieri ammettono di aver messo in conto la possibilità di essere coinvolti nella pubblicazione futura di documenti riservati.
Gli stessi timori sono emersi quando Snowden ha reso pubblici i documenti sulla Nsa. Per anni l’agenzia si è impegnata a modificare i suoi programmi spendendo centinaia di milioni di dollari. Ancora oggi i suoi funzionari sostengono che non sono stati veramente compresi i danni provocati da quelle rivelazioni. A settembre del 2022 Putin ha concesso a Snowden la cittadinanza russa. Washington sta ancora cercando di riportarlo negli Stati Uniti per processarlo.
Sia Manning sia Snowden hanno detto di aver agito spinti dal desiderio di rivelare quelle che consideravano gravi violazioni commesse dal loro paese. “Stavolta non sembra esserci una motivazione ideologica”, sottolinea Alperovitch. A quanto pare, i primi documenti sono stati pubblicati sui siti di appassionati di videogiochi, forse per risolvere una disputa online sulla situazione della guerra in Ucraina. “Immaginate: una lite su internet che degenera in una devastante crisi per i servizi di sicurezza!”, ironizza Alperovitch. ◆ as
◆ Il 7 aprile 2023 su vari siti internet e app sono stati pubblicati decine di documenti riservati del dipartimento della difesa degli Stati Uniti. Alcuni hanno messo in difficoltà Washington perché fanno riferimento a questioni militari e diplomatiche in corso. Dai fascicoli si capisce che l’esercito ucraino è più in difficoltà di quanto si pensasse, in particolare per la mancanza di munizioni, e che Washington ha spiato alcuni paesi alleati, come Israele e Corea del Sud. Non si sa ancora chi ha fatto trapelare i documenti e perché. Gli esperti concordano sul fatto che i file non sono stati ottenuti con un attacco informatico, perché le immagini che circolano sono fotografie di documenti stampati e non scansioni di pagine online. Reuters
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Questo articolo è uscito sul numero 1507 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati