A causa della mancanza di carburante le autorità cubane hanno dovuto cancellare la tradizionale parata per la giornata internazionale dei lavoratori. All’evento all’Avana di solito partecipano centinaia di migliaia di persone vestite di rosso, con bandiere e striscioni che celebrano il socialismo e la rivoluzione cubana.
Il combustibile scarseggia in tutta l’isola da settimane. Secondo il presidente Miguel Díaz-Canel, la colpa è dei paesi fornitori che non hanno garantito la consegna. E la debolezza dell’economia ha reso difficile importare i diluenti necessari per raffinare il greggio di bassa qualità disponibile o comprare petrolio di qualità che avrebbe bisogno di essere meno trattato. All’inizio di aprile Díaz-Canel ha detto che Cuba consuma abitualmente tra le cinquecento e seicento tonnellate di carburante al giorno, ma oggi non può usarne più di quattrocento. “Ancora non abbiamo un’idea chiara di come risolvere il problema”, ha aggiunto.
Anche se la parata principale è stata cancellata, il segretario del sindacato centrale dei lavoratori, Ulises Guilarte de Nacimiento, ha autorizzato le manifestazioni più piccole nelle comunità locali, nelle scuole e nei luoghi di lavoro, seguendo il principio della “massima austerità”.
La mancanza di carburante ha colpito un’economia già in difficoltà. Il traffico automobilistico si è fermato, alle pompe di benzina ci sono code chilometriche (qualcuno sceglie perfino di dormire in macchina), i tassisti hanno cominciato a imporre prezzi esorbitanti; alcune università sono tornate alla didattica online e i ristoranti e i bar hanno perso molti clienti.
Il culmine della crisi è stata la cancellazione della parata del primo maggio. L’ultima volta era successo nel 2021, in piena pandemia di covid-19.
Secondo Díaz-Canel la situazione non dipende dall’inefficienza delle istituzioni statali, ma è da attribuire ai paesi che “non hanno potuto rispettare gli impegni presi” perché “anche loro vivono una complicata situazione energetica”. Il riferimento è al Venezuela, storico fornitore di greggio.
L’assenza dei turisti
Quella in corso non è la prima crisi del petrolio per Cuba, ma dal momento che non si vedono soluzioni a breve termine la popolazione teme che possa diventare una delle peggiori.
Negli ultimi anni l’inasprimento delle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti e le conseguenze della pandemia hanno stravolto la principale fonte di sostentamento dell’isola: l’industria del turismo. I prodotti alimentari sono diventati sempre più costosi e difficili da reperire; le file davanti alle farmacie, quasi sempre sprovviste di medicinali, si formano prima dell’alba e ogni giorno milioni di persone subiscono gli effetti delle interruzioni di corrente, che durano anche molte ore.
Dall’inizio del 2022 più di 330mila cubani sono emigrati negli Stati Uniti, secondo i dati di Washington.
In passato alla vigilia della giornata dei lavoratori si vedevano gli operai che montavano impalcature e schermi in vista della parata. Quest’anno la plaza de la Revolución è rimasta tristemente vuota. Solo poche automobili erano parcheggiate nei dintorni, con il murale di Che Guevara a osservarle dall’alto, in mezzo alla pioggia. Tra le macchine, c’era una Chevrolet decappottabile nera del 1959.
“C’è poco lavoro e poco turismo. E comunque non possiamo lavorare perché dobbiamo risparmiare sul carburante”, ci ha spiegato Yosvel Sosa Vargas, 37 anni, che si guadagna da vivere affittando Chevrolet e portando in giro i turisti. Non parteciperà alle celebrazioni minori. “Visto che non devo lavorare, non ci andrò”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati