Editoriali

Fermare il lavoro minorile

Poche scene sono più raccapriccianti della vista di un bambino di tre anni con un martello in mano che spacca grosse pietre da vendere per qualche soldo. Infatti la convenzione approvata nel 2020 per dichiarare illegali “le forme peggiori di lavoro infantile” è stata la prima a essere ratificata da tutti i 187 stati dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil). Tra il 2000 e il 2016 il numero di bambini impiegati in fabbriche, miniere e fattorie si è ridotto di quasi 94 milioni, raggiungendo un totale di 152 milioni nel mondo. Ma nei quattro anni successivi la tendenza si è invertita: i lavoratori minorenni sono stati 8 milioni in più e 6,5 milioni di bambini sono stati impiegati in attività pericolose. Secondo l’Oil e l’Unicef, l’impatto economico della pandemia potrebbe spingere verso il lavoro altri 9 milioni di bambine e bambini entro la fine del 2022.

I paesi ricchi hanno usato il loro potere d’acquisto per combattere il fenomeno. Nel 2019 gli Stati Uniti hanno interrotto le importazioni di tabacco dal Malawi, perché una parte della lavorazione coinvolgeva i bambini, e hanno valutato di mettere al bando il cacao proveniente dalla Costa d’Avorio e la relativa produzione di cioccolato. Chi non vorrebbe misure forti contro la crudeltà verso i più piccoli? Eppure a volte le reazioni più severe possono essere controproducenti, come nel caso dell’applicazione rigida delle leggi contro il lavoro minorile nei paesi poveri. La maggior parte dei minori che lavora non è schiavizzata e sfruttata da estranei. Spesso i bambini lavorano insieme alle famiglie in piccole fattorie o su barche da pesca. Quindi l’intervento benintenzionato dei paesi ricchi per vietare l’importazione di cacao o tabacco potrebbe far aumentare la povertà della popolazione, che è il motivo principale per cui molti genitori non mandano i figli a scuola e gli chiedono aiuto nel lavoro.

Invece di concentrarsi sui sintomi, i governi dovrebbero aiutare le persone ad avere abbastanza risorse per sfamare i figli senza che debbano lavorare. Sul lungo periodo significa adottare politiche che stimolino la crescita delle economie dei paesi poveri. Ma servirà tempo. Fortunatamente possiamo fare molto. I progetti in cui i genitori ricevono una modesta somma di denaro per mandare i bambini a scuola si sono dimostrati efficaci nel ridurre il lavoro minorile. Un’analisi della Banca mondiale prova in modo indiscutibile che questi programmi aiutano a contrastare il lavoro minorile, soprattutto tra i più poveri.

I paesi africani con le casse vuote spesso sostengono di non potersi permettere questi finanziamenti, pensando ai prestiti e alle tasse per ripagarli. In verità sono meccanismi abbastanza economici. Su pochi temi c’è un consenso generale come sulla lotta al lavoro minorile. Ma serve pragmatismo, non dogmatismo. ◆ as

La promessa di Biden

Nel suo primo discorso all’assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, il presidente statunitense Joe Biden ha promesso di rinunciare all’interventismo militare, che è stato spesso un pretesto per servire gli interessi degli Stati Uniti. Ma si è guardato bene dal prospettare un’apertura totale, una consultazione o una completa trasparenza con l’Onu o con i suoi alleati, relegati al rango di “partner occidentali”. La Cina non è un nemico, ma resta una “concorrente”. Come Biden aveva promesso in campagna elettorale, gli Stati Uniti sono tornati più che mai protagonisti. Ma forse non nel senso sperato dal resto del mondo.

Di questo discorso gli ottimisti potranno comunque salvare la fine della scelta delle armi, “che deve restare l’opzione estrema”. Biden ha comunque ricordato che per gli Stati Uniti la democratizzazione di paesi spesso lontani resta la soluzione migliore per salvaguardare la pace mondiale. Difficile non pensare ai taliban che vietano l’accesso all’istruzione alle afgane e battono le strade di Kabul per cercare quelle di loro che sono troppo libere. Il presidente statunitense ha difeso la decisione di abbandonarle al loro destino.

Il bilancio internazionale della democratizzazione attraverso il ricorso alla forza è catastrofico, dall’Iraq all’Afghanistan passando per la Libia.

Joe Biden ha fatto bene a voltare pagina, anche se il seguito della storia è incerto. ◆ gim

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1428 - 24 settembre 2021
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