Editoriali

Più equità sui vaccini

AstraZeneca ha perso l’aureola. L’azienda farmaceutica aveva promesso che avrebbe venduto i vaccini contro il covid-19 a prezzo di costo per tutta la durata della pandemia, ma ora ha cambiato idea, sostenendo che la malattia è diventata endemica come tante altre. Anche dopo più di cinque milioni di morti, è un’affermazione discutibile. Il 15 novembre in tutto il mondo sono stati registrati più di 250mila nuovi casi e 5.400 decessi. Non è giusto però concentrarsi su AstraZeneca quando i suoi rivali hanno sempre realizzato enormi profitti. Nel 2021 la Pfizer guadagnerà dai vaccini 36 miliardi di dollari.

Il problema è che le dosi continuano a non arrivare dove ce n’è più bisogno. Nel mondo ne sono state distribuite più di sette miliardi, ma mentre nel Regno Unito dieci persone su dodici hanno già ricevuto la terza, in Africa meno del dieci per cento degli operatori sanitari ha completato il ciclo vaccinale. Secondo Amnesty international alla fine di settembre nei paesi più poveri erano arrivati solo 15,4 milioni di dosi sui due miliardi distribuiti dalla Pfizer. Secondo l’istituto Airfinity circa l’84 per cento dei vaccini Johnson&Johnson e il 96 di quelli Moderna sono finiti in paesi con reddito medio o alto.

Ci sono piccoli segnali incoraggianti. La Biontech costruirà i primi stabilimenti per produrre vaccini in Africa: in Ruanda e in Senegal. La Pfizer ha annunciato un accordo che permetterà al nuovo farmaco anticovid di essere prodotto e venduto a basso costo in 95 paesi poveri. Un accordo simile era stato raggiunto dalla Merck con 105 paesi.

Ma sono solo piccoli passi, quando in realtà servirebbe un balzo enorme. L’Unione europea e il Regno Unito continuano a bloccare la sospensione dei brevetti, e i paesi ricchi si accaparrano più dosi del necessario. Oxfam ritiene che almeno cento milioni di dosi potrebbero scadere nei paesi del G7 entro la fine dell’anno, e molte altre vengono donate troppo tardi per essere distribuite in tempo. Nonostante l’Oms abbia chiesto una moratoria sulle terze dosi, molti paesi stanno già offrendo il richiamo ai quarantenni. Un uso migliore delle misure di contrasto, come l’obbligo di indossare le mascherine e i passaporti vaccinali, avrebbe ridotto la necessità di una terza dose.

Gli esperti sono stanchi di sottolineare che accaparrarsi i vaccini non è solo immorale, ma aumenta il rischio di dover affrontare nuove varianti che potrebbero essere resistenti ai vaccini, perché il virus continua a circolare liberalmente in diverse aree del pianeta. La condivisione dei vaccini e della tecnologia per produrli è essenziale. Il mondo non ha bisogno di piccoli gesti, ma di azioni concrete su vasta scala. ◆ as

Ansie spaziali

C’è poco da ridere. Il 15 novembre sette astronauti a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss) hanno dovuto prepararsi per un’evacuazione d’emergenza. La causa? Una nube di detriti spaziali creata da un missile lanciato dalla Russia contro uno dei suoi satelliti. Angosciante? Bisogna farci l’abitudine. A quattrocento chilometri sopra le nostre teste ci sono l’inquinamento e le guerre del futuro.

Lo spazio è una discarica. Il 4 ottobre 1957 l’Unione Sovietica mise in orbita il primo satellite, lo Sputnik. Sessant’anni dopo intorno alla Terra girano diecimila tonnellate di rifiuti: vecchi satelliti, frammenti di metallo, equipaggiamenti di astronauti. Anche i più piccoli oggetti possono provocare danni considerevoli a una velocità di sette o otto chilometri al secondo. I rifiuti minacciano gli equipaggi, l’Iss, i satelliti e i servizi come le previsioni meteo e il gps. I progetti per il lancio di nuovi satelliti fanno temere la saturazione dello spazio. Bisogna fare ordine e autorizzare solo lanci a “rifiuti zero”, altrimenti rischiamo che il cielo ci cada sulla testa.

Lo spazio è anche un enorme campo di battaglia. Un trattato del 1967 avrebbe dovuto demilitarizzarlo, ma non ha funzionato. Intimidazioni, spionaggio, attacchi: la lista è lunga. Le tensioni geopolitiche sulla Terra si ripercuotono oltre l’atmosfera e gli interessi economici complicano tutto. La Russia e la Cina vogliono collaborare per opporsi alle potenze occidentali. Dando prova di poter colpire un satellite, Mosca ha mostrato i muscoli. La crisi dei missili del ventunesimo secolo non si svolgerà a Cuba, ma nello spazio. Dopo l’ansia climatica, come non provare anche un po’ di ansia spaziale? ◆ as

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1436 - 19 novembre 2021
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