Editoriali

Il prezzo per salvare l’Ucraina

L’invasione dell’Ucraina orientale da parte della Russia è una prova cruciale per l’Europa e gli Stati Uniti. Il modo in cui reagiranno determinerà la prossima mossa del Cremlino, e potrebbe plasmare i rapporti tra la Russia e l’occidente per un’intera generazione. Il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche di Donetsk e Luhansk e l’invio di truppe nei loro territori è una palese violazione della sovranità ucraina, ma presenta una certa ambiguità strategica.

Il presidente russo Vladimir Putin sa che l’occidente non risponderà militarmente alla sua aggressione contro l’Ucraina, ma muovendosi gradualmente cerca di capire fino a che punto può tirare la corda. Il primo passo è stata l’occupazione di parte della Georgia nel 2008. Poi ha occupato la Crimea e scatenato una guerra in Ucraina orientale. In entrambi i casi l’ha fatta franca. Con le minacce degli ultimi mesi ha ottenuto che i leader mondiali facessero la fila al Cremlino per cercare di rispondere ai suoi improbabili timori. Ogni segno di debolezza nella risposta dell’occidente sarà interpretato come un via libera per un’ulteriore escalation da parte di Mosca. Gli Stati Uniti e l’Europa hanno bisogno di trovare un equilibrio: le sanzioni devono essere abbastanza dure da scoraggiare ulteriori aggressioni, ma non tanto da convincere Putin che non ha più niente da perdere. Le prime mosse del Regno Unito sono state insufficienti. Le sanzioni contro tre oligarchi e cinque banche minori sono una goccia nel mare in un paese che ospita moltissimo denaro sporco delle élite russe. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha mandato un messaggio più incoraggiante annunciando lo stop al gasdotto Nord stream 2. Berlino pagherà cara questa scelta, ma la posta in gioco è molto più grande.

Putin ha gettato la maschera e cerca di rinegoziare l’esito della guerra fredda, a cominciare dall’indipendenza ucraina. Per la Germania e gli altri paesi europei le conseguenze economiche di un blocco del commercio con la Russia sono un prezzo accettabile per salvare l’Ucraina, difendere la democrazia e scongiurare la guerra in Europa. ◆ as

Boris Johnson ha troppa fretta

È naturale aver voglia di tornare ai giorni spensierati di prima della pandemia. Ma il 21 febbraio i consulenti scientifici del governo britannico hanno confermato che il ritorno alla normalità è ancora lontano, sottolineando che i tassi di contagio restano alti, che gli ospedali sono ancora pieni di pazienti positivi e che una ripresa del virus potrebbe provocare più ricoveri di quelli dovuti alla variante omicron. Per questo è sorprendente che il premier Boris Johnson abbia deciso di cancellare tutte le restrizioni ancora in vigore in Inghilterra, compreso l’obbligo d’isolamento per le persone positive, il relativo sussidio di cinquecento sterline e il tracciamento dei contatti. I test non saranno più gratuiti per la maggior parte dei cittadini, compresi i dipendenti del servizio sanitario nazionale.

Questa decisione irresponsabile non è guidata dalla scienza, ma dal calcolo politico. Johnson vuole ottenere il sostegno di un pugno di parlamentari conservatori per superare lo scandalo delle feste organizzate a Downing street durante il lockdown del 2020. L’opinione pubblica non sembra d’accordo: solo il 17 per cento approva la fine dell’obbligo di isolamento. Johnson sostiene di voler permettere ai cittadini di esercitare “la responsabilità personale”, ma senza il sussidio molti saranno costretti ad andare al lavoro anche se sono malati e così diffonderanno il virus. Il premier dice che chi vuole può sempre comprare un test, dimostrando la sua indifferenza per chi non può permetterselo.

Il messaggio di Johnson è che la pandemia è finita e si può tornare alla normalità. Ma è un concetto pericoloso, in un paese in cui quasi un terzo degli adulti non è vaccinato. Il covid-19 è in ritirata, ma non è sparito. Per tenerlo sotto controllo sarebbe meglio allentare le regole più lentamente e mantenere i test gratuiti. Johnson ritiene che questo sia troppo costoso, un velato tentativo di diffondere il panico tra gli elettori sullo stato delle finanze pubbliche. Le grandi somme spese durante l’emergenza dimostrano che il governo ha i mezzi per affrontare una minaccia che considera abbastanza seria. La pandemia ci ha insegnato cosa è possibile fare. Forse Johnson teme la diffusione di questa speranza ancor più di quella del virus. ◆ as

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1449 - 25 febbraio 2022
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