Editoriali

L’Italia come l’Ungheria

La vittoria dell’estrema destra alle elezioni italiane è un momento storico e preoccupante per la politica europea. Nato dieci anni fa ed erede della tradizione neofascista, Fratelli d’Italia dominerà il governo più sbilanciato a destra nella storia del dopoguerra. L’Italia, terza economia dell’eurozona e uno dei paesi fondatori dell’Unione europea, è ora un modello per le forze nazionaliste e autoritarie del continente. Per tutta la campagna elettorale Giorgia Meloni ha cercato di prendere le distanze dal Movimento sociale italiano (Msi), creato dai nostalgici di Benito Mussolini. Secondo Meloni oggi Fratelli d’Italia dev’essere considerato un partito conservatore paragonabile a quello britannico. Ma un parallelo più calzante sembra essere quello con il suo stretto alleato Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orbán, ideatore di una forma di autocrazia morbida che lui stesso definisce “democrazia illiberale”.

Com’è successo in Ungheria, è probabile che l’aggressivo conservatorismo sociale di Meloni renderà l’Italia più ostile nei confronti dei migranti, delle persone lgbt+ e delle donne che vogliono esercitare i diritti riproduttivi garantiti dalla legge. Anche Meloni ha sposato la teoria della sostituzione etnica e ha promesso di difendere l’identità cristiana dell’Italia, contrastando l’immigrazione e stimolando la natalità. La sua feroce opposizione alle adozioni gay e alla gestazione per altri è stata evidenziata dalle polemiche sollevate su una puntata del cartone animato _Peppa Pig _in cui era rappresentata una coppia di genitori dello stesso sesso. Queste battaglie culturali serviranno a tenere buoni i suoi sostenitori più accaniti mentre Meloni manterrà un atteggiamento più prudente con l’Unione europea. L’Italia non può permettersi di rinunciare ai duecento miliardi di euro del fondo europeo per la ripresa, e per ottenerli dovrà rispettare una serie di condizioni. Lo stesso vale per un eventuale aiuto della Banca centrale europea nel caso in cui i mercati dovessero scommettere sull’insolvenza dell’Italia. Sul piano della guerra in Ucraina Meloni ha promesso di confermare il sostegno alla Nato e alle sanzioni europee, ma potrebbe entrare in contrasto con i suoi partner di coalizione Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, più vicini alla Russia.

In generale, il quadro è deprimente per chi sostiene l’internazionalismo e i valori della democrazia liberale che si sono affermati in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Approfittando delle divisioni nel centrosinistra e del risentimento verso i partiti tradizionali, oggi Meloni ha la possibilità di mettere una grande democrazia occidentale come l’Italia alla guida delle forze che vogliono ridurre l’integrazione europea nel nome del nazionalismo reazionario e delle politiche identitarie. Prima delle elezioni Romano Prodi aveva avvertito che dare alle leggi nazionali la precedenza su quelle europee avrebbe minacciato il progetto dell’Unione. È precisamente quello che vogliono fare Orbán e Meloni. Il trionfo di Fratelli d’Italia è un contributo enorme alla loro causa. ◆ as

Un passo per la giustizia climatica

La Danimarca è il primo paese ricco a offrirsi di risarcire i paesi poveri per i danni e le perdite causati dal cambiamento climatico. Anche se la somma è molto bassa, si tratta di un segnale importante in vista della conferenza sul clima che comincerà tra poco più di un mese in Egitto.

Da decenni i paesi più colpiti dal riscaldamento globale cercano di convincere i paesi industrializzati a pagare una compensazione per i danni che non possono più essere evitati. Le proposte in questo senso non mancano. Recentemente il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha esortato i paesi industrializzati a imporre una tassa sui profitti straordinari delle aziende dei combustibili fossili e destinare il ricavato agli stati che più subiscono la crisi climatica. Il vantaggio è che in questo modo a pagare sarebbero le aziende inquinanti, proprio quelle che traggono profitto dalla distruzione del clima.

Ma a prescindere da dove prenderanno i soldi, in Egitto i paesi ricchi dovranno una buona volta affrontare le loro responsabilità. Gli abitanti del sud del mondo stanno già sperimentando gli effetti della crisi climatica in modo particolarmente grave, e le alluvioni in Pakistan e la siccità in Africa orientale lo hanno confermato un’altra volta. ◆ gac

Altro da questo numero
1480 - 30 settembre 2022

Articolo precedente

Iran
Capelli e libertà

Articolo successivo

In copertina
La vittoria di Giorgia Meloni
Abbonati a Internazionale per leggere l’articolo.
Gli abbonati hanno accesso a tutti gli articoli, i video e i reportage pubblicati sul sito.
Black Friday Promo