Editoriali

Le azioni nei musei aiutano il clima?

L’arte serve a mettere in discussione lo status quo. E oggi nessuna battaglia è più urgente di quella contro i combustibili fossili

“Vandalismo” sconsiderato e infantile messo in atto da “barbari ignoranti”. Così alcuni commentatori vicini alla causa ambientalista hanno descritto il gesto dei due attivisti del collettivo Just stop oil, che il 14 ottobre hanno imbrattato con salsa di pomodoro i famosi Girasoli di Vincent van Gogh alla National gallery di Londra. Ma ho la sensazione che il pittore olandese avrebbe apprezzato molto questa versione “saporita” del suo dipinto. E penso che dovremmo farlo anche noi.

È importante mettere subito in chiaro che la tela, che ha 134 anni ed è protetta da una lastra di vetro, non è stata danneggiata. Gli attivisti di Just stop oil hanno confermato al New Statesman che i responsabili del gesto erano consapevoli del fatto che il dipinto sarebbe rimasto illeso.

National gallery di Londra, 14 ottobre 2022 (Just Stop Oil, Anadolu Agency/Getty)

L’attivismo sicuro e creativo ha bisogno di tutto il sostegno possibile, soprattutto dopo la decisione del governo britannico di portare avanti il Public order bill, una legge che renderà più difficile per gli attivisti esprimere il loro dissenso. La protesta alla National gallery ha provocato solo piccoli disagi al museo, mentre il suo impatto comunicativo la rende senza dubbio efficace. E immagino che la pubblicità gratuita per la National gallery coprirà abbondantemente il costo della riparazione della cornice.

L’arte non è mai stata e non sarà mai separata dal disordine e dalla fatica della vita quotidiana. Van
Gogh lo sapeva benissimo, e questa consapevolezza è uno degli elementi che ci fanno amare la sua arte. Il pittore olandese era un radicale. Con i suoi dipinti, all’avanguardia nell’astrazione e nella sperimentazione, invitava le persone a guardare il mondo con occhi nuovi. Oltre ai girasoli, ha dipinto spesso la povertà. “Voglio dipingere figure del popolo per il popolo”, scrisse. Allo stesso modo, i manifestanti di oggi chiedono agli appassionati d’arte di riconoscere i collegamenti tra gli oggetti quotidiani, come la salsa di pomodoro, e la crisi climatica. Come ha dichiarato uno dei due attivisti in un video girato dopo l’azione di protesta, “la crisi del costo della vita fa parte della crisi del costo del petrolio. Milioni di famiglie soffrono il freddo e la fame perché non possono permettersi il combustibile”. Gli attivisti per il clima capiscono il valore e la vulnerabilità del nostro mondo naturale, esattamente come lo capiva Van Gogh. I girasoli, gli iris, i campi di grano, i mandorli in fiore: la natura era una fonte d’ispirazione e sollievo per un artista con disturbi mentali. “Se non amassi la natura e il mio lavoro sarei infelice”, disse una volta.

Oggi la crisi climatica ci mostra che l’era dell’abbondanza naturale è finita e ci costringe a vedere i danni causati dagli esseri umani. Giorni fa il Wwf e la Società zoologica di Londra hanno annunciato un nuovo record nella scomparsa di specie animali nel mondo, sottolineando che la distruzione dell’habitat della foresta amazzonica si sta avvicinando al punto di non ritorno. “Vi preoccupa di più la protezione di un dipinto o la protezione del nostro pianeta e del nostro popolo?”, chiede un’attivista nel suo video.

A differenza delle iniziative di organizzazioni come Art not oil e Bp or not Bp, in questo caso non sembra esserci un invito specifico alla National gallery a rinunciare a determinati finanziatori. Il museo non riceve donazioni dalla Shell dal 2018 e i contatti tra la National portrait gallery e la Bp si sono interrotti nei mesi scorsi. Ma i musei dovrebbero poter essere luoghi di protesta. L’arte ci spinge a riflettere e a mettere in discussione lo status quo. Nessuna battaglia, oggi, è più importante di quella per mettere fine alla dipendenza da combustibili fossili. Chi accusa gli attivisti di Just stop oil di essere immaturi o troppo criptici dovrebbe allargare i suoi orizzonti. Le proteste come questa servono a lanciare l’allarme su una crisi climatica in costante peggioramento e sulle complicità del governo. Lasciate che i ragazzi lancino la salsa. ◆ as

India Bourke è una giornalista britannica, si occupa di clima e ambiente per il settimanale progressista The New Statesman.

Quando gli attivisti se la prendono con dipinti e statue, tolgono agli altri il diritto di godere del patrimonio culturale. L’idea è che nulla viene prima della loro ideologia

Museo Barberini, Potsdam, 23 ottobre 2022 (Letzte Generation, ABACA/Alamy)

Negli ultimi anni gli attivisti radicali hanno manifestato per il clima bloccando le strade e incollandosi alle piste degli aeroporti. Ora hanno adottato una nuova strategia. In diverse città i militanti del gruppo Just stop oil hanno compiuto delle azioni dimostrative contro l’uso dei combustibili fossili nelle gallerie d’arte e nei musei. Il metodo è semplice: scelgono un’opera famosa e, per fare clamore, ci s’incollano, scandendo messaggi sul fatto che la fine del mondo è vicina.

In due casi hanno anche versato del cibo sui dipinti prima di incollarsi davanti alle opere. Qualche settimana fa hanno lanciato una zuppa al pomodoro contro i Girasoli, uno dei dipinti più famosi di Vincent van Gogh, alla National gallery di Londra. Il 23 ottobre hanno imbrattato con del purè di patate Il pagliaio di Claude Monet al museo Barberini di Potsdam, fuori Berlino, danneggiando la cornice. Affermano che le loro azioni sono pensate per non rovinare in modo permanente le opere. Eppure sono stati duramente criticati sia sui social network sia dai mezzi d’informazione tradizionali.

Se non rovinano i quadri per sempre, almeno non gravemente, dovremmo davvero preoccuparci?

Sì, dovremmo. La prima ragione è ovvia: la tendenza a entrare in musei e gallerie e colpire all’impazzata è pericolosa perché – anche se non è l’intenzione iniziale – si corre il rischio che un’opera finisca per essere gravemente danneggiata nella concitazione. E gli attivisti non hanno scelto delle opere qualunque, ma le più famose del mondo, di valore inestimabile.

L’aspetto più provocatorio, però, è che attaccano l’arte. Fare un sit-in per strada o cercare di fermare il decollo degli aerei sono ovviamente delle idiozie, ma c’è una logica dal punto di vista ambientale. Se non vuoi che le persone prendano l’aereo, ti siedi sulla pista. Il nesso è evidente, anche se ovviamente questo tipo di protesta non ha nessun effetto positivo sulle persone coinvolte o sull’ambiente. Invece, il collegamento tra andare in un museo e la necessità di ridurre la dipendenza dal petrolio non è chiaro. Cosa c’entra Van Gogh con le politiche sul clima britanniche? Niente. Quando gli attivisti gridano “Cosa vale di più, la vita o l’arte?” prendono in ostaggio l’arte, in questo caso il nostro patrimonio culturale. L’idea è che nulla è sacro e che dobbiamo fare come vogliono loro se in futuro vogliamo visitare indisturbati musei e gallerie.

È l’espressione di una combinazione di narcisismo e fanatismo. Narcisismo, perché gli attivisti mettono il loro bisogno di esprimere un’ideologia politica davanti al diritto degli altri di ammirare i quadri più apprezzati del mondo. Fanatismo, perché credono che le loro convinzioni politiche gli diano il diritto di sentirsi superiori a qualsiasi legge o norma sociale.

È delicato anche il fatto che se la prendano proprio con l’arte. Ancora oggi artisti e scrittori sono imprigionati e addirittura uccisi. È difficile non pensare ai bombardamenti di antiche moschee e chiese da parte del gruppo Stato islamico o all’aggressione contro lo scrittore Salman Rushdie. Voler limitare l’espressione artistica e il diritto delle persone a fruirne per le proprie convinzioni politiche è una forma di mentalità settaria: tutto è considerato secondario rispetto alla lotta e alle idee che la alimentano.

Gli attivisti non puntano a imporre la censura finché non avremo risolto la crisi climatica né hanno esercitato violenza contro le persone. Il loro comportamento, però, trascina nel fango la questione climatica perché si servono di metodi che non appartengono a una società civile. Così facendo, non attirano simpatie al movimento e ai suoi obiettivi. ◆ lv

Karin Pihl è un’opinionista del quotidiano svedese di destra Göteborgs-Posten, specializzata in temi di società.

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1484 - 28 ottobre 2022
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