Editoriali

L’Europa divisa sui migranti

Nel momento in cui l’Europa dovrebbe serrare i ranghi per affrontare Vladimir Putin, che sogna il crollo dell’Unione europea, la crisi diplomatica tra Parigi e Roma è anacronistica e inutile. Ma è anche rivelatrice. L’immigrazione è un tema che cresce d’importanza, come dimostra l’ascesa dell’estrema destra in Francia, Italia, Germania, Svezia e nei paesi dell’Europa orientale. Giorgia Meloni, la presidente del consiglio italiano, eletta anche grazie alla linea dura sull’accoglienza, si è sentita in dovere di rassicurare la Lega xenofoba di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi. I partiti che formano la coalizione di governo con Fratelli d’Italia giocano senza vergogna la carta sovranista e ostile ai migranti.

L’accoglienza delle 234 persone che erano a bordo della nave umanitaria Ocean Viking non avrebbe mai dovuto essere un motivo di tensioni tra la Francia e l’Italia.

La dura risposta del ministro dell’interno francese Gérald Darmanin, che si nasconde dietro il diritto internazionale, evidenzia fino a che punto in Francia l’immigrazione sia diventata un argomento esplosivo per il presidente Emmanuel Macron, consapevole dei rischi di lasciare campo libero al Rassemblement national di Marine Le Pen. Parigi ha così sospeso l’accordo europeo sul ricollocamento dei migranti, in base al quale la Francia avrebbe dovuto farsi carico di 3.500 persone arrivate in Italia. Allo stesso tempo, ha inviato cinquecento agenti alla frontiera italiana, un gesto mai visto dai tempi di Schengen.

La crisi franco-italiana potrebbe non essere l’unica a scuotere l’Europa nei prossimi mesi. L’accaduto mostra per l’ennesima volta l’incapacità dell’Unione di coordinare una politica migratoria. Da quando nel 2015 Angela Merkel fece saltare il patto di Dublino aprendo le porte a un milione di profughi, Bruxelles ha cercato di rimediare all’inadeguatezza del suo sistema di asilo. Ma gli sforzi sono stati insufficienti. Oggi l’inquilina di Palazzo Chigi punta il dito contro un fallimento europeo, che l’Italia continua a pagare caro. È innegabile che questo fardello pesi soprattutto sui paesi europei in prima linea davanti ai flussi migratori.

Se l’Unione vuole restare unita in quest’epoca di tensioni geopolitiche dovrà assolutamente rivedere il regolamento di Dublino, incapace di assicurare un minimo di solidarietà tra gli europei. È un dovere che l’Europa ha anche nei confronti dei migranti, ventimila dei quali sono morti nel Mediterraneo dal 2014. È arrivato il momento d’impegnarsi per gestire a monte i flussi migratori. Senza che gli psicodrammi umani e diplomatici si ripetano all’infinito. ◆ as

Sconfitta diplomatica per Putin

Non ci sono dubbi: le cose non vanno bene per il presidente russo Vladimir Putin. Alla sconfitta militare nella città ucraina di Cherson è seguita una sconfitta diplomatica al vertice del G20 di Bali, in Indonesia. La dichiarazione finale dell’incontro tra i rappresentati delle venti maggiori economie mondiali afferma che “la gran parte” dei leader presenti “condanna con forza” la guerra in Ucraina.

Secondo l’agenzia russa Tass, il ministro degli esteri Sergej Lavrov ha accusato l’occidente di aver “politicizzato” la dichiarazione e di aver cercato di infilarci una condanna nei confronti del suo paese. Ma Mosca non può nascondere che sta perdendo ogni sostegno internazionale. Anche i paesi che finora si erano schierati dalla sua parte per motivi d’interesse sono sempre meno convinti delle sue scelte. E, con la sconfitta militare che incombe, preferiscono non essere più strettamente associati a Mosca.

L’esempio più evidente è quello della Cina. Il paese asiatico vuole un mondo multipolare e non ha nessun interesse a vedere una vittoria dell’occidente, che rafforzerebbe l’egemonia degli Stati Uniti. Ma, allo stesso tempo, desidera mantenere buoni rapporti economici con i paesi occidentali e non vuole rompere con loro in un momento in cui, anche secondo la Cina, Putin ha superato il limite minacciando di usare le armi nucleari.

Il vertice di Bali è stato senza dubbio una disfatta diplomatica per Mosca, e la partenza anticipata con cui il ministro degli esteri russo ha voluto evitare l’umiliazione è l’equivalente della ritirata da Cherson. ◆ gac

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1487 - 18 novembre 2022
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