Editoriali

Un’occasione unica per l’Italia

Già prima che l’Italia ricevesse la prima parte dei 191,5 miliardi del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) c’era chi dubitava che fosse in grado di usare questi soldi in modo efficace. Roma non è mai riuscita a spendere tutti i fondi europei e a farne buon uso. Al ritmo attuale, alla scadenza del 2026 il governo italiano avrà speso solo un quarto della cifra totale. Per un’economia che quasi non è cresciuta dalla crisi finanziaria del 2008, con un debito pari al 144 per cento del pil, significherebbe sprecare un’opportunità enorme. Il Pnrr è al centro del piano Next generation Eu, creato dopo la pandemia di covid-19 per modernizzare l’economia europea. L’Italia ha concordato il pacchetto di aiuti nel 2021. I fondi comprendevano progetti per rinnovare le infrastrutture e riforme per favorire la crescita.

Ma Roma non è riuscita a seguire la tabella di marcia stabilita. Di recente ha ammesso di avere problemi in 118 dei 527 obiettivi fissati, e i versamenti successivi sono stati rinviati. Il governo guidato da Giorgia Meloni sostiene che il piano ereditato dal suo predecessore Mario Draghi è inadeguato, e non ha tutti i torti. Assorbire fondi pari al 10 per cento del pil in cinque anni, infatti, era un compito proibitivo in partenza. L’Italia potrebbe completare il piano originale solo se ottenesse una proroga, cosa che sembra improbabile. Rivedere il piano potrebbe essere più sensato. Il governo ha proposto una serie di “correzioni”, eliminando parte degli investimenti nella transizione energetica e gli sgravi fiscali “verdi”. Inoltre Meloni vuole ridimensionare alcune riforme strutturali, che miravano a migliorare l’efficienza del settore pubblico, favorire la concorrenza e ridurre i tempi della giustizia e l’evasione fiscale. Fare marcia indietro su questi impegni sarebbe un errore, anche perché l’incapacità dell’Italia di spendere i fondi europei nasce proprio dai problemi che le riforme dovrebbero risolvere.

È nell’interesse di Bruxelles modificare il programma insieme a Roma. In quest’ottica sarà importante dare la priorità ai progetti infrastrutturali essenziali, sostenere gli incentivi verdi e impedire che le riforme strutturali siano abbandonate. Ciò che accade nella terza economia dell’eurozona è importante per la stabilità finanziaria di tutta l’Europa. I fondi del Pnrr non basteranno a ribaltare le sorti dell’Italia, ma possono essere un primo passo per uscire da decenni senza crescita. Se Roma sprecherà l’occasione, è difficile immaginare che riesca a risolvere i suoi problemi economici. ◆ as

Il tempo è nemico dell’Ucraina

Negli ultimi giorni è risultato chiaro che il governo ucraino ha i nervi a fior di pelle. Il 1 settembre il ministro degli esteri ha invitato chi criticava la controffensiva dell’esercito di Kiev a “chiudere il becco” . Il 2 l’oligarca Ihor Kolomoiskyj, uno dei primi sostenitori del presidente Volodymyr Zelenskyj, è stato arrestato per corruzione. Il 3 è stato rimosso per lo stesso motivo il ministro della difesa. Tutti questi eventi sono l’effetto della pressione internazionale. Vari paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, ritengono che la controffensiva finora sia stata poco efficace. Gli esperti del Pentagono sono arrivati a sostenere che l’Ucraina verrà sconfitta perché non ha seguito le indicazioni di Wa­shing­­ton. Zelenskyj inoltre è stato biasimato per gli scarsi successi nella lotta alla corruzione. Secondo l’ong Transparency international in questo campo l’Ucraina è al 116° posto su 180, nonostante sia cruciale per l’adesione all’Unione europea. Consapevole del problema, a volte Zelenskyj ha fatto ricorso a metodi che sfiorano l’autoritarismo. La legge marziale introdotta all’inizio del conflitto è usata per punire i politici corrotti, ma anche per neutralizzare gli oppositori. Con l’avvicinarsi di tre appuntamenti cruciali – le elezioni in Ucraina a marzo, quelle per il parlamento europeo a giugno e le presidenziali negli Stati Uniti a novembre – due interrogativi diventano più pressanti: fino a quando bisognerà pagare per questa guerra? E dove va a finire il denaro? Le risposte non dipendono solo dagli ucraini. Dopo diciotto mesi di conflitto e perdite colossali, anche gli alleati devono rispondere. Le esitazioni di Washington, Parigi o Berlino nell’invio di armi hanno rallentato le operazioni militari di Kiev. Mentre in Europa e negli Stati Uniti si diffonde una certa stanchezza, questa perdita di tempo potrebbe costare la vittoria agli ucraini . ◆ as

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1528 - 8 settembre 2023
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