Editoriali

Le ragioni degli agricoltori

Migliaia di agricoltori spagnoli hanno occupato le strade del paese in una mobilitazione che rispecchia quelle in corso in altri stati europei. Le cause della rabbia del settore agricolo sono molte. L’aumento dei costi, unito alla pressione per non scaricarli sui consumatori finali in un periodo segnato dall’inflazione, ha alimentato la tensione tra la grande distribuzione e i produttori, costretti a lavorare in perdita o con margini di guadagno minimi.

Alcuni problemi sono locali: le conseguenze della siccità e la competizione per l’acqua con altri settori commerciali nei paesi mediterranei, la fine dei sussidi a causa d’impedimenti legali in Germania, la concorrenza ucraina nei paesi dell’est o quella dell’agricoltura nordafricana in Spagna. Altri sono globali. Le misure adottate per contrastare il cambiamento climatico comportano costi, trasformazioni e disequilibri difficili da giustificare quando colpiscono le categorie più deboli del sistema. Esempi di questi problemi sono la riconversione di terreni agricoli in parchi fotovoltaici o la necessità di rispettare norme da cui sono esentati i produttori extraeuropei, che approfittano degli accordi di libero scambio.

Oltre alle motivazioni strutturali ce ne sono altre più viscerali, che hanno contribuito a innescare il malcontento. Non tutte sono legate alla strumentalizzazione politica che sta cercando di trasformare gli agricoltori nel braccio armato del negazionismo climatico (evidente nel caso dell’estrema destra europea). Anche la comparsa di piattaforme di trasportatori con obiettivi politici sospetti non è sufficiente a cancellare le responsabilità dei governi. Certo, c’è una strumentalizzazione politica della polemica, ma è scorretto relativizzare la protesta sostenendo che non venga spontaneamente dai lavoratori e che sia pilotata dagli “imprenditori”. Molti manifestanti sono infatti piccoli proprietari stremati dagli obblighi burocratici e dalle normative, oltre che da una persistente condizione di precarietà.

È preoccupante che l’unico fronte in cui gli agricoltori stanno avendo una risposta sia quello della flessibilizzazione delle politiche ambientali, com’è successo con la rinuncia dell’Unione europea a ridurre l’uso dei pesticidi. Queste concessioni sono dettate solo da interessi elettorali a breve termine. Le soluzioni dovrebbero essere più profonde. ◆ as

Tendenze autoritarie nel Salvador

El Salvador dimostra che livelli alti di criminalità e violenza alterano la normalità democratica. Il 4 febbraio il presidente uscente Nayib Bukele ha vinto le elezioni dichiarando di aver ottenuto più dell’80 per cento dei voti, anche se la costituzione del paese vieta di governare per due mandati consecutivi.

Bukele, 42 anni, è un esponente della destra populista e radicale molto apprezzato dai salvadoregni: la sua popolarità oscilla tra il 70 e l’80 per cento. Il motivo principale di questo successo è la sicurezza pubblica. Il paese centroamericano ha alle spalle una lunga storia di conflitti, con una guerra civile durata dodici anni e finita nel 1992 grazie a un accordo di pace con cui il gruppo guerrigliero Frente Farabundo Martí para la liberación nacional si trasformò in partito politico.

Dalla fine degli anni novanta si assiste a un aumento degli scontri tra bande criminali. Nel 2015 sono stati registrati 106 omicidi ogni centomila abitanti. Nel 2019, quando Bukele è stato eletto per la prima volta, gli omicidi erano quasi 40 ogni centomila abitanti. Ma nel 2022 erano scesi a 7,8 e l’anno scorso non hanno superato i 2,4.

Per ottenere questi risultati nel 2022 Bukele ha decretato lo stato d’emergenza (approvato da un parlamento controllato dal suo partito Nuevas ideas), in vigore ancora oggi. La misura calpesta i diritti civili, perché autorizza gli arresti senza un mandato e limita la libertà di riunione e la riservatezza della corrispondenza e delle comunicazioni. El Salvador è il paese che incarcera di più al mondo rispetto alla popolazione: il 2,2 per cento degli adulti oggi è in prigione.

La popolarità e la vittoria di Bukele rafforzeranno senza dubbio l’influenza delle sue strategie politiche nel resto dell’America Latina, dove la criminalità diffusa sfida le istituzioni democratiche. Tutto questo è pericoloso. ◆ as

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1549 - 9 febbraio 2024
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