Il forum delle isole del Pacifico che si è svolto alle isole Fiji dal 14 al 17 luglio forse non sarà ricordato per i colloqui sulla crisi climatica, ma per l’assenza di Kiribati, la presenza di funzionari cinesi non invitati e un abbraccio tra i leader di due paesi che all’inizio dell’anno erano ai ferri corti.
Sull’evento si è concentrata un’attenzione senza precedenti in un momento in cui gli Stati Uniti, l’Australia e la Cina sgomitano per affermare la loro influenza nella regione. Il momento più importante del forum, colto in un video, potrebbe essere quello in cui il primo ministro delle isole Salomone Manasseh Sogavare e il primo ministro australiano Anthony Albanese si sono incontrati per la prima volta. “Ho bisogno di un abbraccio!”, ha detto Sogavare al nuovo leader australiano. Poi i due si sono abbracciati.
Non più tardi di un mese fa, Sogavare aveva attaccato il precedente governo di Canberra perché aveva criticato la sua decisione di firmare un patto di sicurezza con la Cina. Australia, Stati Uniti e altri temevano che l’accordo avrebbe consentito a Pechino di stabilire una presenza militare nelle isole Salomone. A un certo punto Sogavare aveva addirittura accusato Canberra di pianificare un’invasione. Il cambio di governo in Australia e le immagini del forum lasciano sperare nella possibilità di stringere legami più forti, anche in una fase in cui la Cina si sta aprendo altri varchi nella regione.
“Le fratture degli ultimi anni possono essere in parte attribuite al fatto che questi incontri di persona semplicemente non ci sono stati”, commenta Jessica Collins, ricercatrice del centro studi Lowy ed esperta di isole del Pacifico, aggiungendo che Albanese ha favorito un cambio di tono nei confronti degli altri paesi della regione e un’attenzione maggiore alla creazione di relazioni alla pari. Molti nel Pacifico erano irritati da come l’ex primo ministro Scott Morrison li trattava. Dopo il Forum del 2019, il primo ministro delle Fiji Frank Bainimarama aveva definito Morrison “offensivo e paternalistico”, e lo aveva accusato di spingere il Pacifico tra le braccia della Cina.
Albanese ha scelto con cura le parole per esprimere i suoi timori su una presenza militare permanente della Cina nelle isole Salomone, enfatizzando l’idea di “rispetto”. Più tardi si è detto fiducioso del fatto che non ci sarebbe stata una base cinese nelle isole Salomone e che Honiara (la capitale dell’arcipelago) e Canberra sarebbero rimaste vicine. Sogavare sembra abbia garantito che il suo paese non ospiterà mai una base cinese e che l’Australia è il “principale partner in materia di sicurezza”. Si rivolgerà alla Cina solo se dovesse esserci un “vuoto” che l’Australia non è in grado di colmare.
Ma nel frattempo altre accuse di interferenze cinesi sono emerse dopo che all’improvviso Kiribati si è ritirata dal forum. In precedenza il presidente della repubblica insulare Taneti Maamau aveva minacciato di andarsene per l’assenza di micronesiani tra chi ha ricoperto finora la carica di segretario generale del forum. Si era arrivati a un accordo in base al quale la carica sarebbe andata a un micronesiano al rinnovo delle nomine, ma non è bastato a far rimanere Kiribati.
Secondo Tessie Lambourne, leader dell’opposizione di Kiribati e diplomatica di lungo corso, la vera ragione del ritiro dal forum sono le interferenze cinesi, perché Pechino vorrebbe indebolire la coesione regionale e aprire una crepa tra le isole e i loro sostenitori di un tempo, cioè Australia e Nuova Zelanda. Il governo di Kiribati, ha dichiarato Lambourne, si è piegato “per andare incontro agli interessi della Cina”. “È chiaro che Pechino ha dei piani per la regione”, ha aggiunto, “e Kiribati ne fa parte”. Nel 2019 Kiribati, fino ad allora tra i pochi paesi a riconoscere Taiwan come stato sovrano, è passata dalla parte della Cina. Dal canto suo Pechino respinge le accuse ribadendo di volere “una solidarietà più grande e una cooperazione più stretta” tra gli stati insulari.
Quale che sia la verità, Tess Newton Cain, a capo del progetto Pacific hub al Griffith Asia institute, ha definito la mossa di Kiribati “molto triste” e ha riferito a Nikkei Asia che è probabile che gli attori regionali suggeriranno al presidente di tornare sui suoi passi. Secondo Collins, i paesi insulari del Pacifico, comprese Australia e Nuova Zelanda, dovranno lavorare con più attenzione al mantenimento dei rapporti reciproci.
Gara di presenzialismo
Un altro momento sorprendente del summit è stato quello in cui due diplomatici dell’ambasciata cinese di Suva che si erano intrufolati all’evento sono stati riconosciuti da un giornalista e portati via dalla polizia (qualche settimana prima del vertice si era deciso di non invitare i 21 paesi con cui il forum ha un dialogo formale, inclusi Cina e Stati Uniti). Più tardi i due sono tornati per assistere all’intervento in video della vicepresidente statunitense Kamala Harris.
Come l’Australia, anche gli Stati Uniti stanno cercando di “far ripartire da zero” la loro diplomazia nel Pacifico. “Riconosciamo che nel recente passato le isole del Pacifico non hanno ricevuto l’attenzione diplomatica e il sostegno che meritano. Perciò oggi sono qui per dirvi che le cose cambieranno”, ha detto Harris, annunciando l’ampliamento della presenza diplomatica statunitense e lo stanziamento di sessanta milioni di dollari per misure di sviluppo, aiuti e programmi per la pesca. Frank Bainimarama, primo ministro delle Fiji, ha ringraziato su Twitter, affermando che gli Stati Uniti hanno “tutte le ragioni per essere un partner stretto del Pacifico”. A giugno gli Stati Uniti, insieme a Giappone, Australia, Regno Unito e Nuova Zelanda, hanno lanciato l’iniziativa Blue Pacific per promuovere la cooperazione nella regione.
La Cina è sembrata determinata a non fare la figura di chi resta a guardare. Pechino ha proposto una videochiamata con dieci paesi del forum il 14 luglio, lo stesso giorno in cui i leader si sono ritirati per gli incontri a porte chiuse. Il giorno prima il portavoce del ministero degli esteri di Pechino Wang Wenbin ha smentito le voci secondo cui la Cina sarebbe stata esclusa dal forum. Ha detto che Harris era stata invitata ai colloqui sulla pesca e che “rappresentanti cinesi sono stati coinvolti in importanti incontri ed eventi”, senza però specificare quali. “Forse la Cina”, commenta Collins, “sta disperatamente cercando di restare in partita”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1470 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati