I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana la freelance norvegese Eva-Kristin Urestad Pedersen.

È possibile conservare un mondo se ne preserviamo gli oggetti? Probabilmente no, ma quegli oggetti sono comunque simboli della cultura alla quale appartenevano, la cultura che li ha prodotti, in qualche modo lo spirito di quella cultura. Arabesco parla di una raccolta di oggetti molto particolare che fa ricordare – oppure sognare – una cultura molto particolare che si è sviluppata tra la Spagna e il Nordafrica, tra le culture islamiche e quella iberica, mischiata in alcune città con un tocco della belle époque europea, ormai decadente. Era un mondo di misteri e segreti, di angoli bui ma attraenti. Tra Granada, Siviglia e Cordoba in Spagna, Marrakech e, ovviamente, Tangeri in Marocco, è un mondo che ormai viene custodito in oggetti sì, ma anche profumi, musiche e colori. Leggendo Arabesco, quei profumi e colori riprendono vita e portano il lettore alle loro origini. È un romanzo diverso. Non lineare, pieno di personaggi che a volte sono difficili da distinguere, da tenere separati. Potremmo dire quasi confuso. Comunque confonde. Più che una storia o una trama, racconta un’atmosfera ormai (quasi) sparita, un mondo che abbiamo (quasi) perduto nella nostra corsa continua in nome dello sviluppo. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati