Il colpo mortale alla città di Kryvyj Rih è stato inferto dall’esercito russo proprio il giorno dopo l’ennesima dichiarazione di ottimismo del presidente degli Stati Uniti. Il 3 aprile Donald Trump aveva dichiarato di ritenere imminente un cessate il fuoco nella guerra di aggressione russa contro l’Ucraina: il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj era “pronto a siglare un accordo. E credo anche il leader russo Vladimir Putin”, aveva detto Trump. Il giorno dopo il segretario di stato americano Marco Rubio aveva rilasciato una dichiarazione decisamente più cauta: “Non ci vorrà molto per capire le vere intenzioni della Russia rispetto alla pace, è questione di settimane, non di mesi. A dimostrarci se Putin fa sul serio non saranno le parole, ma le azioni”. E le azioni di Mosca parlano di un netto aumento dei bombardamenti: il 4 aprile Charkiv è stata colpita da decine di droni, che hanno ucciso almeno cinque persone. Alla città natale di Zelenskyj è andata perfino peggio: un missile Iskander è esploso in una zona residenziale di Kryvyj Rih, accanto a un parco giochi, causando venti morti, tra cui nove bambini, e 68 feriti.
Sul social media X l’ambasciatrice americana Bridget Brink si è detta “inorridita” dall’attacco a Kryvyj Rih, ma ha evitato ogni accenno all’aggressore, facendo parecchio arrabbiare Zelenskyj. “Un paese così forte, un popolo così forte. E una reazione così debole. Parlando del missile che ha ucciso i bambini hanno paura anche solo a pronunciare la parola Russia”, ha detto il presidente ucraino. “Dobbiamo fare pressione su Mosca, su chi ha scelto di uccidere dei bambini invece di accettare il cessate il fuoco”.
Il 4 aprile il ministero della difesa russo ha sostenuto che il bersaglio del missile era un ristorante in cui si stava svolgendo un incontro tra militari ucraini e occidentali, circostanza subito smentita dallo stato maggiore ucraino. In effetti un incontro con militari occidentali in un luogo così esposto in una città vicinissima al fronte sembra un’ipotesi assolutamente improbabile. All’alba del 6 aprile è stata attaccata con missili balistici anche Kiev. Una persona è morta. E tra l’8 e il 9 aprile altri bombardamenti in tutto il paese hanno ucciso almeno quattro persone.
Nonostante i “significativi progressi” vantati da Trump e dal negoziatore russo Kirill Dmitriev, per il momento la pace – o anche solo l’ipotesi di un cessate il fuoco – sembra un’utopia. Secondo le autorità ucraine, dal 18 febbraio Mosca ha aumentato di oltre il 50 per cento gli attacchi notturni con droni: nei trenta giorni successivi alla data d’inizio dei colloqui con gli statunitensi sono stati 4.776, contro i 3.148 del mese precedente. Il 3 aprile, inoltre, la Evropejska Pravda ha scritto che secondo la Nato la Russia avrebbe aumentato la produzione di missili e l’acquisto di testate dalla Corea del Nord in vista di altri attacchi.

Propaganda nelle trattative
Anche il cessate il fuoco bilaterale riguardante le infrastrutture energetiche (su cui, secondo Washington, le parti si erano accordate) è stato palesemente violato. Zelenskyj sostiene di aver consegnato agli Stati Uniti un elenco degli attacchi russi e afferma che, solo tra il 1 e il 4 aprile, i bombardamenti di Mosca hanno colpito una centrale elettrica e altre infrastrutture nella città di Cherson, sulla linea del fronte. Secondo Zelenskyj gli attacchi ucraini con droni in territorio russo erano invece rivolti esclusivamente a obiettivi militari.
La situazione resta tesa anche sul fronte di terra. Il 5 aprile l’Institute for the study of war ha affermato che le unità russe stanno attaccando sia a nordest di Charkiv sia a Kupjansk, Časiv Jar, Toretsk e Pokrovsk. Secondo i comandanti ucraini, Mosca starebbe preparando una nuova offensiva di primavera. “Ci sono due o tre divisioni russe dirette verso di noi”, ha dichiarato il 2 aprile Vladimir Fokin, comandante del primo battaglione della terza brigata d’assalto ucraina. Ogni divisione russa comprende tra i dodicimila e i ventiquattromila soldati. Secondo Fokin, i militari russi che saranno impiegati nell’offensiva “si stanno addestrando da circa un mese”. Per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2025, sostengono fonti ucraine, alla Russia, che ha già circa 620mila soldati, mancano ancora centomila uomini.
In visita a Parigi il 26 marzo, il presidente Zelenskyj ha dichiarato che la Russia sta preparando attacchi contro le regioni di Sumy e Zaporižžja, a sud, e la città di Charkiv. Anche il blogger militare ed ex ufficiale russo Michail Zvinčuk ha parlato di un’offensiva di Mosca a ovest della città di Orichiv, per far arretrare l’esercito ucraino verso nord.
Il 4 e 5 aprile a Kiev si è tenuto un incontro ufficiale tra Zelenskyj e i rappresentanti degli stati maggiori britannico e francese per discutere di un eventuale dispiegamento di truppe a garanzia della sicurezza ucraina dopo l’armistizio. Intanto, a condurre le trattative con Mosca per conto degli Stati Uniti è soprattutto Steve Witkoff, molto vicino a Trump, che finora non si è certo distinto per competenza e conoscenza del conflitto. Witkoff ha ripreso diversi punti della propaganda putiniana, per esempio l’idea che i territori ucraini occupati abbiano espresso democraticamente la volontà di essere annessi alla Russia. In realtà, i cosiddetti referendum del settembre 2022 si sono svolti sotto la minaccia delle armi e secondo l’Onu non sono validi ai sensi del diritto internazionale.
Eppure Witkoff ha già parlato con Mosca di temi delicati come il ritorno in Russia delle aziende statunitensi, la ripresa dei voli diretti, la cooperazione in tema di intelligenza artificiale ed estrazione di terre rare, le rotte navali artiche e il trasporto di gas naturale liquefatto. “Chi non vorrebbe vivere in un mondo dove le cose vanno in questo modo?”, ha detto Witkoff il 23 marzo al giornalista tv Tucker Carlson, grande amico di Trump. ◆ sk
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Questo articolo è uscito sul numero 1609 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati