Se il killer ha il volto di Frank Sinatra, il commissario Ventura ha invece il volto di Lino Ventura. Ambientato negli anni ottanta del cosiddetto riflusso, questo fumetto è un potente viaggio tra i segni, quasi semiologico. Ma senza ridursi a catalogo citazionista, come tanto fumetto e cinema contemporaneo, il racconto di Filosa e Bacilieri esprime profondità pur restando anche ludico, perché non confonde l’oggetto della cultura pop (in questo caso una polifonia di oggetti e segni) con la sua trasfigurazione artistica.
Se il rimando è a tanto “poliziottesco” dell’epoca, letterario e cinematografico, prima troppo disprezzato, ora troppo incensato, gli autori delineano un’epoca con sapienza e sembrano rievocare serie anarchiche come gli albi a fumetti per le edicole del ciclo dello Sconosciuto di Magnus. Proprio il passaggio dello Sconosciuto dal fumetto popolare in formato pocket, più grezzo, agli episodi molto raffinati per le riviste di fumetto d’autore, racchiude al suo interno questa dialettica tra l’oggetto pop e la sua trasfigurazione artistica. All’interno di un formato pocket, che sembra preannunciare una serie, ibridando fumetto popolare italiano e manga, Bacilieri trasfigura: crea sequenze e vignette che si potrebbero esporre nelle gallerie d’arte come opere concettuali, mantenendo il lato “grezzo” di molto del miglior fumetto popolare italiano. Francesco Boille
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Questo articolo è uscito sul numero 1436 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati