La sorta di schizofrenia ossessiva a cui conduce potenzialmente la società (post)moderna può essere superata da ciascuno di noi prendendone coscienza, interrogando l’interiorità. Ma questo può essere fatto anche con serenità e senso ludico, giocandoci sopra. La tedesca Lina Ehrentraut ci riesce con un libro d’esordio tanto sperimentale quanto godibilissimo – oltre 250 pagine che si leggono con la stessa agilità di un albo di Diabolik – dove la schizofrenia messa in scena fa i conti con il più che giustificato desiderio di veder accettata la propria (non)identità di genere. Io e Melek fa del proprio ego, del proprio ombelico, del compiacimento narcisista il centro di un fumetto che inaspettatamente porta con sé la tensione verso l’universale grazie a un coloratissimo viaggio fantascientifico, in lotta con il grigiore di un segno grafico in bianco e nero che racconta la realtà del presente. Qui la pornografia si fa sinonimo di pura espressività pittorica che assurge a poesia e gioia per la vita. Melek è infatti l’alter ego ideale che la protagonista, attratta dalle donne, ritrova in un universo parallelo dove gradualmente vari doppi si confondono al pari delle varie realtà e diventano una cosa sola, tanti rovesci che si equivalgono. Davvero simpatico e divertente oltre che profondo, romantico e realmente umanistico. L’autrice espone a Bologna dal 18 marzo alla galleria Parsec
(parsecbologna.com).

Francesco Boille

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Questo articolo è uscito sul numero 1452 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati