È dai tempi di Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) di Steven Spielberg che non si vedeva una rappresentazione così astratta e spirituale degli extraterrestri e, per estensione, “dell’altro”. Qui invece che suoni e musica abbiamo forme grafiche luminescenti che sembrano sculture o pitture astratte. I francesi Ruppert & Mulot non somigliano a nient’altro finora conosciuto nel fumetto: si firmano in questo modo perché non sono la classica coppia di sceneggiatore e disegnatore, ma lavorano insieme indistintamente sia sulla parte grafica sia su quella narrativa. Sono un organismo unico, indivisibili l’uno dall’altro e contemporaneamente interscambiabili. L’alterità nel suo senso più ampio è certo il tema di fondo al pari dell’indefinitezza come unico valore di definizione. Queste entità sono “extraterrestri, baubau, chimere, fantasmi, divinità”? Qui il gender è applicabile a tutte le categorie e l’altro è anche chi protesta con rabbia perché abbandonato da tutti, come i gilet gialli, il cui esplicito riferimento alla dura repressione subita è certamente centrale in questo primo volume. Leggera come l’etere, ma potente, questa saga ha l’involucro poetico-fantascientifico e una polpa politica, intesa nel suo senso più grande. Perché in realtà siamo forse un po’ tutti mutanti come gli X-Men. Prenderne coscienza con onestà, questa è la vera rivoluzione.
Francesco Boille
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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati