Titolo imperdibile. E non solo perché rimanda all’attualità dell’invasione dell’Ucraina, un paradosso visto che è un memoir di una giovane russa. È un’opera importante che partendo dall’intimo raggiunge l’universale, delineando allo stesso tempo un intenso affresco storico, molto scorrevole da leggere, con mano maestra. L’autrice, attraverso i ricordi dell’adorata nonna, racconta la vicenda della sua famiglia perseguitata dallo stalinismo, il nonno operaio polacco fucilato per via di accuse false (poi riabilitato sotto Chruščëv), la successiva povertà, l’assedio di Leningrado nel gelo e nella fame. La nonna è infermiera in un ospedale in cui non c’è nulla, salvo la morte. Eppure quanto amore per la vita e per gli esseri umani, amore senza retorica perché passato indenne attraverso dolori atroci e orrori vari: “Non risento né collera, né odio, vivo in pace”. I ricordi si sfumano, come dice la nonna alla fine, ma la nipote sa darle grande forza, lavorando sull’indefinito. Se deve perfezionare la capacità di rappresentare i corpi o le espressioni del volto con pochi tratti, all’interno della dinamica della sequenza crea singole immagini simboliche di rara potenza sulle quali si vuole ritornare, malgrado il nero avvolgente. Il segno dei maestri del fumetto. E il libro diventa tanto più imperdibile se poi si pensa alle affinità con una grande scrittrice: Svetlana Aleksievič.
Francesco Boille
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Questo articolo è uscito sul numero 1457 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati