Straordinaria sorpresa quella di Daria Schmitt, autrice emergente nel panorama del fumetto francese. Lo è tanto più che il suo racconto s’iscrive nella grande tradizione del fumetto d’autore dal registro fantastico o di fantascienza, e dalla connotazione onirico-surrealista. Quella di autori belgi come Andreas o la coppia Schuiten-Peeters. Ma anche di francesi come Moebius e Philippe Druillet. E il fatto che sia una giovane autrice a rilanciarla è un’altra bella sorpresa. Virtuosa, esplora un certo disegno ottocentesco vicino all’incisione, avvicinandosi a Schuiten. Ma è l’ombra di Lovecraft, di cui questo racconto filosofico è evocazione sublimata all’ennesima potenza, ad avvicinarla a questi autori, tutti impregnati del “sognatore di mondi” di Providence, per dirla con Druillet, che firma l’entusiasta prefazione. In un piccolo parco che ospita un acquitrino, succedono cose strane di cui è epicentro il custode, Providence. Fuori dal tempo, anzi sperduto nel tempo, il parco è dell’ottocento oppure siamo nel mondo di oggi? Si parla di social network, gli abiti sembrano relativamente moderni, ma il mondo esterno non si vede mai. Dilatando spazi angusti si raggiunge l’immensità dell’oscurità in piena simbiosi e sincronia con l’universo lovecraftiano. Ma qui i valori, i punti cardinali, sono invertiti come allo specchio. È con il colore che irrompe l’oscurità, squarciando la palude del bianco e nero. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1504 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati