Uscito a puntate nei primi anni ottanta fin dal primo numero della rivista Frigidaire con il titolo La dalia azzurra, riletto oggi appare evidentemente un capolavoro assoluto nella rilettura giocosa, cattiva e insieme sperimentale di questa sceneggiatura quasi mediocre dovuta a Raymond Chandler (La dalia azzurra, 1946, di George Marshall), il suo unico copione originale per il cinema. Il maestro del fumetto politicamente scorretto dimostra un’energia e una forza plastica straordinaria nel fondere nel suo segno, nelle inquadrature, non di rado distorte e che a volte fanno sembrare i disegni delle fotocopie, per giunta venute “mosse”, nelle pose dei personaggi, resi insulsi e che a tratti rasentano la comicità slapstick, nei grigi sapienti malgrado un’apparenza sporca. C’è il meglio del fumetto statunitense degli anni cinquanta profondamente sovversivo e anarchico, come quello della rivista Mad. I riassunti delle puntate precedenti, giustamente ripristinati, fanno a pezzi dall’interno il racconto e lo stesso Chandler; le tavole, andate deteriorate, sono state restaurate digitalmente dall’autore, che ha eliminato quasi tutta la punteggiatura, accrescendo il disordine anarcoide. Fa da contrappunto un senso delle atmosfere che avvolge il lettore da subito e una maestria unica nella lunga sequenza dell’apparizione della dark lady. Malgrado il contesto grottesco, resa quasi eterea, luminescente. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1582 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati