Quando tutto finisce cosa si fa? Un racconto, un viaggio, un lungo ciclo di racconti/viaggi. O se finisce la vita di un padre o di una madre che ti hanno creato? La risposta è: si continua a sognare. È il messaggio di questa fiaba-parabola, derivata da un’opera teatrale multimediale. Corto Maltese è ancora naufrago ma è un paradiso-limbo poiché si sente perduto. Come proseguire senza il suo creatore? E cos’è quest’imbarcazione, Irene di Boston, ora un relitto che si è spiaggiato a Balata (Pozzallo) prima di lui? Lo scrittore Marco Steiner fa più che mai sua l’idea di Pratt che il sogno e l’avventura sono due necessità per avere un essere umano compiuto. I ricordi nutrono una vita intera, diceva Pratt, e qui le vestigia materiali e spirituali sono la stessa cosa, si uniscono come linfa generatrice di un nuovo oceano, un nuovo orizzonte. Una nuova vita. Steiner crea qualcosa d’inedito alternando in modo sorprendente prosa e poesia, uno stile che potremmo definire impressionista, annulla i confini geografici e temporali, insieme a quelli dell’identità: qui tutto è mutevole, instabile. Corto si trova a viaggiare nell’oscurità del proprio io per cercare una nuova luce. Ma il suo rifiuto endemico alla predestinazione riemergerà netto. Una nettezza a cui gli straordinari acquerelli di Pratt che illustrano il testo, paradossalmente quasi tutti impressionistici, aggiungono densità e profondità. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1583 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati