
Compagna Cuculo della tedesca Anke Feuchtenberger, tra le autrici più significative e influenti del fumetto contemporaneo, è un capolavoro da leggere e rileggere: frutto di dieci anni di lavoro, summa di una carriera, anche perché rielabora e prosegue titoli precedenti. Feuchtenberger trasfigura e reinventa elementi autobiografici della sua infanzia, giocando tra mille metafore e allegorie visive. L’autrice riesce a realizzare un potente affresco collettivo della Germania Est, ambientato in un paesino inventato, dalla fine della guerra alla riunificazione, usando un doppio prisma, a priori limitante: quello intimo dell’infanzia e quello della provincia contadina. Qui tutto è politico, dal compiacere i sovietici in visita, alle squallide tresche amorose fino alle molestie sui minori. Allo stesso tempo qui tutto è incanto, anche se quasi da fiaba della foresta nera: un’opera in cui l’organico, mutevole ma anche viscido, glutinoso e appiccicoso, è sempre affascinante, anzi ipnotico, grazie all’obiettiva visionarietà dell’autrice e all’intensa sensualità del suo segno grafico, al talento con cui restituisce la dimensione volumetrica delle forme. Non è quindi strano che tutto diventi organico, a cominciare dalla dimensione mnemonica perfettamente fusa con quella onirica, assolutamente inscindibili. Perché questa grande opera della memoria è fatta con i tessuti del sogno che si fa incubo. E viceversa.
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Questo articolo è uscito sul numero 1606 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati