La sera di giovedì 6 marzo a Bruxelles i ventisette paesi dell’Unione europea hanno deciso: l’Europa deve riarmarsi. Certo, i disaccordi non sono spariti come per incanto. E va anche detto che il processo di riarmo sta appena muovendo i primi passi. Ma i paesi dell’Unione si sono mostrati determinati. Il progetto ReArm Europe vedrà la luce forte dei suoi 800 miliardi di euro – di cui 150 provenienti da prestiti garantiti dal bilancio europeo – e della promessa di dar vita a un’Europa che non abbia più paura davanti alla storia, ma che invece sia in grado di scriverla.
Abbiamo vissuto a lungo nell’illusione di un mondo in cui la guerra, questo flagello che sembra uscito da altre epoche, non avesse più diritto di cittadinanza nel vecchio continente. La caduta del muro di Berlino e poi l’illusoria tranquillità della “pax europea” ci avevano cullati in uno stato di cieca fiducia. Ma, come ha ricordato il presidente francese Emmanuel Macron nel suo discorso del 5 marzo, la guerra è tornata alle porte dell’Europa. Le garanzie di ieri – la presenza di uno scudo americano a proteggerci – vacillano sotto i colpi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. E così, anche se troppo tardi, siamo arrivati all’ovvia constatazione che non c’è alternativa a una difesa europea forte e autonoma.

I ventisette paesi dell’Unione l’hanno finalmente capito, non senza dolore. Se la Germania allenterà i cordoni della spesa – che grande cambiamento! – non sarà un’operazione indolore. Non c’è dubbio, inoltre, che nelle prossime settimane si discuterà duramente sulle condizioni d’uso di questi 800 miliardi. Di sicuro l’Ungheria di Viktor Orbán manterrà ferma la sua linea sugli aiuti all’Ucraina. Ma la realtà è sotto gli occhi tutti: l’Europa si è svegliata. Superando alcune esitazioni, in particolare quelle sul bilancio, la Francia e la Germania sono riuscite a imporre una manovra che rappresenta un vero punto di svolta. Per la prima volta l’Unione smette di essere una forza economica paralizzata dalla sua impotenza militare per affermarsi come protagonista strategica credibile.
Gli 800 miliardi sono più di una somma di denaro, sono un messaggio: l’Europa non ha nessuna intenzione di diventare una marionetta sospinta dai venti della geopolitica, ma difende i suoi valori e i suoi cittadini. Ci saranno insidie, frizioni e compromessi da superare. Ma quello che conta è che l’Unione sa ancora fare blocco quando in gioco c’è la sua stessa sopravvivenza. ◆ nv
François Mathieu è un giornalista belga, editorialista e condirettore del quotidiano La Libre Belgique .
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Questo articolo è uscito sul numero 1605 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati