“Ho rovinato la cultura. Spero solo che l’inferno non sia così caldo perché brucio facilmente. Ho una carnagione molto chiara”. Con una battuta Jerry Springer ha liquidato la sua lunga e fortunata carriera alla guida di uno show che non è ingeneroso definire specchio di un’America devastata. Più di quattromila puntate con ospiti che l’intelligenza artificiale, figuriamoci l’immaginazione umana, avrebbe difficoltà a profilare: dal tizio che si evira per allontanare il suo stalker, alla donna che vanta il record di 150 orgasmi in una notte, al contadino che sposa il suo cavallo “dopo un difficile corteggiamento”. Ecco alcuni esempi un po’ circensi. Per lo più la trasmissione ospitava botte da orbi tra mariti fedifraghi, mogli e amanti, bianchi del Ku klux klan e attivisti neri, e tragedie d’amore come quella della ragazza che implorava il ritorno del fidanzato dopo aver avuto un figlio dal padre di lui. Ai bordi della scena stazionavano sempre enormi buttafuori pronti a ricomporre il salotto. Springer, morto a 79 anni, già promessa del Partito democratico e sindaco di Cincinnati, moderava e sermoneggiava, accarezzava e bastonava, un po’ comiziante un po’ uomo di legge. È stato tra i primi a usare gli umori della platea: le urla, i pianti, le risate, gli insulti, il venire alle mani con i protagonisti. Misericordioso e paraculo, ha promosso il pubblico a tribunale del popolo che vendica l’ira di chi da casa si specchia in quell’abisso. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati