Da quando è entrata al congresso, nel 2019, Alexandria Ocasio-Cortez è subito diventata un punto di riferimento della sinistra statunitense. Eletta quando aveva ventinove anni (la più giovane deputata della camera) si è rivelata una parlamentare scrupolosa e una grande comunicatrice: tutto quello che un buon politico dovrebbe saper fare. Ma proprio queste capacità le hanno attirato invidie e critiche, anche nel suo partito, oltre ad attacchi personali e perfino minacce di morte.
Poche persone nella storia delle istituzioni statunitensi hanno catalizzato così rapidamente “attenzione, ammirazione e derisione”, ha scritto David Remnick, il direttore del New Yorker, introducendola in una lunga intervista pubblicata la scorsa settimana.
Com’è possibile far politica dall’interno, dalle stanze del potere – dove nei fatti si trova oggi Ocasio-Cortez – senza rinunciare alle proprie idee e quindi, nel suo caso, cercando di cambiare radicalmente le cose? “Onestamente è uno spettacolo di merda. È scandaloso, ogni singolo giorno. E quello che mi sorprende è come non smetta mai di esserlo”, ha detto la deputata a proposito di quello che succede in parlamento.
Però per raggiungere i propri obiettivi bisogna accettare compromessi, negoziati frustranti, sconfitte, ingoiare rospi, come in qualsiasi lavoro, dice Ocasio-Cortez. Che sembra avere due punti fermi che l’aiutano a orientarsi.
Da una parte il forte legame con la comunità da cui proviene, i quartieri popolari e operai di New York che l’hanno eletta, e i cui interessi è chiamata a difendere e a far valere.
Dall’altra la speranza nel cambiamento: “Non c’è movimento, non c’è sforzo, non c’è battaglia sindacale, non c’è lotta per il voto, non c’è resistenza alle leggi draconiane sull’aborto, se la gente pensa che il futuro è già deciso, che niente è possibile, che siamo condannati”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1449 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati