“Vandalismo” sconsiderato e infantile messo in atto da “barbari ignoranti”. Così alcuni commentatori vicini alla causa ambientalista hanno descritto il gesto dei due attivisti del collettivo Just stop oil, che il 14 ottobre hanno imbrattato con salsa di pomodoro i famosi Girasoli di Vincent van Gogh alla National gallery di Londra. Ma ho la sensazione che il pittore olandese avrebbe apprezzato molto questa versione “saporita” del suo dipinto. E penso che dovremmo farlo anche noi.
È importante mettere subito in chiaro che la tela, che ha 134 anni ed è protetta da una lastra di vetro, non è stata danneggiata. Gli attivisti di Just stop oil hanno confermato al New Statesman che i responsabili del gesto erano consapevoli del fatto che il dipinto sarebbe rimasto illeso.
L’attivismo sicuro e creativo ha bisogno di tutto il sostegno possibile, soprattutto dopo la decisione del governo britannico di portare avanti il Public order bill, una legge che renderà più difficile per gli attivisti esprimere il loro dissenso. La protesta alla National gallery ha provocato solo piccoli disagi al museo, mentre il suo impatto comunicativo la rende senza dubbio efficace. E immagino che la pubblicità gratuita per la National gallery coprirà abbondantemente il costo della riparazione della cornice.
L’arte non è mai stata e non sarà mai separata dal disordine e dalla fatica della vita quotidiana. Van
Gogh lo sapeva benissimo, e questa consapevolezza è uno degli elementi che ci fanno amare la sua arte. Il pittore olandese era un radicale. Con i suoi dipinti, all’avanguardia nell’astrazione e nella sperimentazione, invitava le persone a guardare il mondo con occhi nuovi. Oltre ai girasoli, ha dipinto spesso la povertà. “Voglio dipingere figure del popolo per il popolo”, scrisse. Allo stesso modo, i manifestanti di oggi chiedono agli appassionati d’arte di riconoscere i collegamenti tra gli oggetti quotidiani, come la salsa di pomodoro, e la crisi climatica. Come ha dichiarato uno dei due attivisti in un video girato dopo l’azione di protesta, “la crisi del costo della vita fa parte della crisi del costo del petrolio. Milioni di famiglie soffrono il freddo e la fame perché non possono permettersi il combustibile”. Gli attivisti per il clima capiscono il valore e la vulnerabilità del nostro mondo naturale, esattamente come lo capiva Van Gogh. I girasoli, gli iris, i campi di grano, i mandorli in fiore: la natura era una fonte d’ispirazione e sollievo per un artista con disturbi mentali. “Se non amassi la natura e il mio lavoro sarei infelice”, disse una volta.
Oggi la crisi climatica ci mostra che l’era dell’abbondanza naturale è finita e ci costringe a vedere i danni causati dagli esseri umani. Giorni fa il Wwf e la Società zoologica di Londra hanno annunciato un nuovo record nella scomparsa di specie animali nel mondo, sottolineando che la distruzione dell’habitat della foresta amazzonica si sta avvicinando al punto di non ritorno. “Vi preoccupa di più la protezione di un dipinto o la protezione del nostro pianeta e del nostro popolo?”, chiede un’attivista nel suo video.
A differenza delle iniziative di organizzazioni come Art not oil e Bp or not Bp, in questo caso non sembra esserci un invito specifico alla National gallery a rinunciare a determinati finanziatori. Il museo non riceve donazioni dalla Shell dal 2018 e i contatti tra la National portrait gallery e la Bp si sono interrotti nei mesi scorsi. Ma i musei dovrebbero poter essere luoghi di protesta. L’arte ci spinge a riflettere e a mettere in discussione lo status quo. Nessuna battaglia, oggi, è più importante di quella per mettere fine alla dipendenza da combustibili fossili. Chi accusa gli attivisti di Just stop oil di essere immaturi o troppo criptici dovrebbe allargare i suoi orizzonti. Le proteste come questa servono a lanciare l’allarme su una crisi climatica in costante peggioramento e sulle complicità del governo. Lasciate che i ragazzi lancino la salsa. ◆ as
India Bourke è una giornalista britannica, si occupa di clima e ambiente per il settimanale progressista The New Statesman.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1484 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati