Hagiar Pastore aveva immaginato diversamente il suo diciottesimo compleanno. La notte del 19 settembre intorno alle quattro, l’acqua gli è entrata in casa. All’inizio abbastanza lentamente, ma alle undici ha riempito tutto il piano terra. In casa c’erano due metri d’acqua. “Quando ha cominciato a inondare le scale, ci siamo spaventati sul serio. Io e i miei genitori siamo scappati sul tetto”.
Hagiar, suo padre Salvatore Pastore e sua madre Nadia Rajillah sono usciti da un lucernaio per segnalare agli elicotteri in volo sulla zona che erano in pericolo. Molti altri abitanti di Traversara di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, hanno fatto la stessa cosa. La frazione è stata duramente colpita dal maltempo che ha imperversato sull’Europa centrale e il Norditalia. A Traversara il fiume Lamone è uscito dagli argini e ha causato molti danni in tutto il paese. La corrente d’acqua e fango ha fatto crollare alcuni edifici.
Più di mezz’ora, forse poco meno di un’ora: nessuno dei tre ricorda esattamente quanto tempo sono stati sul tetto prima di essere salvati. “Temevamo per la nostra vita”, dice Hagiar, visibilmente scossa. La famiglia ora alloggia in una scuola nel comune di Lugo, chiusa ad appena tre settimane dall’inizio dell’anno scolastico per poter accogliere gli sfollati dell’alluvione.
Quando un soccorritore ha visto Hagiar piangere e ha saputo che era il suo compleanno le ha fatto arrivare una torta, racconta il padre nel tentativo di rallegrare un po’ la figlia. Ma la ragazza riesce a stento a sorridere: “È stato davvero brutto. A scuola abbiamo studiato il cambiamento climatico, ma un’esperienza del genere ti sveglia sul serio. L’ho provato sulla mia pelle”.
L’agricoltura è cruciale
Mentre Hagiar guarda al futuro con timore, suo padre sembra piuttosto rassegnato. “È piovuto tanto e in un tempo molto breve. Il cambiamento climatico ha un ruolo decisivo in questi eventi estremi, ma noi cosa possiamo farci? Capiterà sempre più spesso”, afferma Salvatore. E aggiunge che comprare i prodotti dell’agricoltura biologica costa troppo. Racconta di essere un operaio e che sua moglie lavora in una casa di riposo. “Dobbiamo pensare bene alle nostre spese e fare delle scelte”, concorda la moglie Nadia. Anche a Boncellino, un paese a cinque chilometri da Traversara, l’acqua ha causato molti danni. Massimo Cattani è in mezzo alla pozza di fango in cui si è trasformato il suo giardino, e sembra smarrito. “È la terza volta di fila. A maggio del 2023 abbiamo avuto per ben due volte quasi un metro e quaranta centimetri d’acqua in casa. Non avevamo ancora finito di rimediare alle conseguenze di quel disastro, che siamo di nuovo qui a spalare fango”, dice sconsolato.
L’anno scorso Cattani ha subìto più di 40mila euro di danni. “La nostra pompa di calore e l’impianto dei pannelli fotovoltaici sono stati distrutti, e anche l’arredamento del piano terra, dove vive mia suocera”. La famiglia ha avuto un risarcimento di cinquemila euro, il resto l’hanno dovuto pagare di tasca propria. Ma non è solo la batosta finanziaria a farlo arrabbiare. Cattani vive con la compagna e la suocera vicino alla riva del fiume esondato. “Il letto del fiume è pieno di robaccia, non c’è quasi manutenzione. È chiaro che poi, in caso di piogge forti il fiume esce dagli argini”, dice arrabbiato.
Tra il 18 e il 20 settembre in Emilia-Romagna sono caduti 350 millimetri d’acqua nel giro di 48 ore. Nel maggio scorso dai 400 ai 450 millimetri d’acqua, ma in due diverse alluvioni, a due settimane di distanza l’una dall’altra. In quell’occasione nel Norditalia ci sono stati 17 morti, 45mila persone sono rimaste senza casa e la stima dei danni ha raggiunto gli 8,5 miliardi di euro. Questa volta non ci sono vittime e ci sono “solo” 2.500 sfollati, tra cui anche alcune persone alle quali per precauzione le autorità hanno chiesto di abbandonare le abitazioni. E anche se in alcuni luoghi i danni sembrano grandi, questa volta pare essere andata bene rispetto al 2023. Ma che lo stesso territorio sia devastato così per la terza volta nel giro di un anno e mezzo è un duro colpo per gli abitanti della regione. L’Emilia-Romagna è una delle aree agricole più importanti d’Italia e d’Europa. L’agricoltura e l’allevamento sono cruciali per la produzione alimentare italiana e da questa zona provengono vini molto conosciuti e prodotti famosi come il prosciutto di Parma e il Parmigiano.
Come molti altri agricoltori Gino Gardini, 74 anni, e Tamara Cappelli, 70 anni, in questi giorni stanno vivendo un déjà vu. La coppia di viticoltori di Cotignola, in provincia di Ravenna, è immersa nell’acqua alta e indossa stivali di gomma. “Proprio come l’anno scorso”, dice Cappelli con un sorriso rassegnato.
Dalla finestra della cucina esce un tubo da giardino che sputa fuori acqua come se fosse attaccato al rubinetto. Il ruscello accanto alla loro fattoria si è trasformato in un fiume, la rotonda davanti alla casa è scomparsa e si è trasformata in una grande pozza in cui sono immersi anche i tralci di vite che si trovano accanto e dietro all’abitazione. “Siamo riusciti a fare giusto due giorni di vendemmia”, dice Tamara. Ora bisogna aspettare che i tralci si asciughino e sperare che i danni non siano consistenti. “Siamo ancora vivi. Sarebbe potuta andare peggio”, dice lei.
Secondo la Coldiretti, più di otto aziende agricole su dieci tra quelle colpite da questa alluvione hanno subìto danni anche nel 2023. Il coltivatore Riccardo Marchetti, 27 anni, nel 2023 aveva visto sparire parte dei suoi campi a causa delle frane. I danni ammontavano a trentamila euro, oltre ai tremila euro di raccolto persi. “In più ho speso circa cinquemila euro per la ruspa, il carburante e per i tubi con cui ho tolto io stesso il fango”, racconta l’agricoltore.
Molti di questi soldi non li ha mai rivisti. Dall’anno scorso ha ricevuto circa diecimila euro di risarcimento da un fondo di crisi europeo per gli agricoltori. Potrebbe chiedere un risarcimento anche allo stato italiano, ma il portale governativo Sfinge alluvione 2023 sembra essere un labirinto burocratico in cui nessuno riesce a orientarsi. Marchetti è sollevato che le forti piogge di quest’anno non abbiano causato danni gravi nel suo territorio. “Altrimenti adesso mi dovrei cercare un altro lavoro. Da agricoltore mi sento completamente in balia del clima, che è sempre più instabile”.
Per gli scienziati l’area mediterranea è un hotspot del cambiamento climatico, e gli agricoltori sono in prima linea
Contro il green deal
Gli scienziati considerano l’area mediterranea un “hot spot” del cambiamento climatico, e gli agricoltori sono in prima linea. Mentre alcune zone dell’Italia meridionale corrono il rischio di desertificazione, il nord del paese è afflitto da precipitazioni estreme che causano alluvioni e smottamenti.
Eppure il 18 settembre, a un convegno organizzato dalla Confindustria, la presidente del consiglio Giorgia Meloni, leader di un partito della destra radicale, ha criticato il green deal europeo, la strategia per conseguire l’obiettivo della neutralità climatica in Europa entro il 2050. Meloni ha ottenuto un grande consenso quando nel suo discorso ha definito “disastrosi i risultati del green deal europeo, frutto di un approccio ideologico: la decarbonizzazione al prezzo della deindustrializzazione. È una débâcle”.
Gli imprenditori, preoccupati per il futuro dell’industria automobilistica italiana, hanno reagito con un’ovazione. E quando qualche ora dopo la fine del convegno il forte maltempo, annunciato, si è abbattuto sull’Emilia-Romagna non c’è voluto molto perché scoppiasse un’accesa polemica politica su chi fosse il colpevole di quello che stava succedendo.
Gli amministratori locali e i politici nazionali avrebbero potuto e dovuto fare di più? Questa nuova ondata di fango avrebbe potuto essere evitata?
A Faenza, colpita duramente nel 2023, pochi giorni prima di quest’ultima ondata di maltempo il comune ha fatto costruire in fretta e furia un muro per contenere le piene. Un tentativo disperato e maldestro che è risultato vano: il quartiere Borgo Durbecco, già alluvionato l’anno scorso, è finito nuovamente sott’acqua. “Ma altri interventi fatti dopo il disastro del 2023 si sono rivelati utili”, si difende il sindaco Massimo Isola. “Abbiamo riparato gli argini del fiume con materiali solidi e questo ha fatto sì che Faenza, con l’eccezione di una parte dei quartiere Borgo, fosse risparmiata dall’alluvione”.
C’è qualcuno che avrebbe potuto fare di più? Gli abitanti della zona attribuiscono la responsabilità alternativamente alla giunta regionale o al governo nazionale, a seconda delle preferenze politiche. Il governo è guidato da una presidente del consiglio della destra radicale, mentre l’Emilia-Romagna è da sempre una regione di sinistra. “Ce la ricordiamo tutti Giorgia Meloni con gli stivali nel fango a fare un’inutile passerella più di un anno fa”, ha commentato la segretaria del Partito democratico Elly Schlein. In quell’occasione Meloni, ricorda Schlein, aveva promesso “ristori del cento per cento che non sono mai arrivati”. Schlein viene dall’Emilia-Romagna ed è stata vicepresidente della regione.
Prevenire le esondazioni
Dopo l’alluvione del 2023 il governo Meloni aveva nominato il generale Francesco Figliuolo commissario per la ricostruzione. Figliuolo ha negato un’intervista a Nrc, ma uno dei suoi collaboratori ha inviato al giornale una risposta scritta con la descrizione dettagliata delle sue priorità nell’ultimo anno. Si è dedicato alla “ricostruzione della rete idrica e dell’infrastruttura, come argini, strade e ponti, all’eliminazione del fango e alla riparazione dei danni dovuti agli smottamenti di terreno”. E ogni intervento è avvenuto “in collaborazione con le amministrazioni regionali e locali”.
L’amministrazione regionale dell’Emilia-Romagna riconosce che “tutta la manutenzione possibile è stata fatta”, ma ricorda che il commissario governativo deve ancora versare i fondi per la costruzione di bacini di espansione accanto ai fiumi, per prevenire future esondazioni. E per la costruzione di altre opere. Mentre gli amministratori locali e i politici nazionali non sembrano aver ancora finito di fare lo scaricabarile, a Traversara, Cotignola e Lugo gli abitanti e i volontari sono al lavoro con scope e detergenti per pulire ancora una volta le strade e le case dal fango. ◆ vf
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Questo articolo è uscito sul numero 1582 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati