Sharlene Henry si è trasferita al civico 33 di King street, un condominio di 27 piani nel quartiere di Weston, a Toronto, all’inizio degli anni duemila. Aveva trent’anni e dirigeva un negozio della catena Foot Locker. L’appartamento, che aveva trovato con il fidanzato Peter, aveva una camera da letto e costava 700 dollari canadesi al mese (circa 470 euro), compresi il parcheggio e la tv via cavo. Qualche anno dopo sua madre, Theresa, è venuta ad abitare nello stesso palazzo. Henry era cresciuta in questa zona e le piaceva tantissimo. Incastrato tra il centro di Toronto e la periferia interna della città, Weston era un quartiere operaio, molto vario, con un forte senso di solidarietà tra gli abitanti. Henry ricorda che da ragazza, nei fine settimana, andava con tutta la famiglia a Weston road, la strada principale del quartiere, per fare la spesa al mercato contadino o per provare i ristoranti caraibici.
Il palazzo al 33 di King Street era abbastanza vecchio, ma aveva affitti ancora accessibili in una città che sembrava diventare ogni anno più costosa. Nel 2010 Sharlene e Peter si sono trasferiti in un appartamento di due stanze all’ultimo piano, che costava meno di mille dollari canadesi. Due anni dopo è nato il loro primo figlio, Xavier.
Nel 2013 la Realstar, la società immobiliare proprietaria del palazzo, li ha informati che quell’anno l’affitto sarebbe aumentato del 5,5 per cento. Henry era confusa. I prezzi erano sempre stati calmierati, e per il 2013 era previsto un aumento del 2,5 per cento. Ma c’era un dettaglio che poteva spiegare quel cambiamento: nell’Ontario, la provincia che include Toronto, i proprietari possono imporre un aumento straordinario dell’affitto – chiamato Above guideline rent increase (Agi) – se fanno lavori di ristrutturazione importanti. Quell’anno la Realstar aveva riparato il tetto e gli ascensori, quindi Henry ha pensato che si trattasse di un’eccezione. Ma l’anno dopo l’affitto è aumentato del 3,8 per cento, molto al di sopra dello 0,8 previsto. A quel punto lei e i suoi vicini erano infuriati. Hanno fatto presente che l’edificio era in cattive condizioni e che la Realstar non si faceva carico della manutenzione ordinaria. Alcuni pensavano che la società usasse gli Agi per aumentare il valore della proprietà facendo pagare di più agli inquilini.
Nel 2017 Henry ha cominciato a lavorare alla catena di montaggio di uno stabilimento Chrysler a Brampton, una città vicina, e si è iscritta all’Unifor, uno dei principali sindacati canadesi. Era emozionante far parte di un gruppo di persone che lottavano per i propri diritti. Stimolata da quell’esperienza, nel 2018 ha fondato un’associazione per riunire gli inquilini del suo palazzo e combattere contro i futuri aumenti dell’affitto. Non è cambiato granché: la quota è cresciuta nel 2018, nel 2019 e nel 2021.
Quell’anno il palazzo è stato comprato dalla Dream, un colosso immobiliare con un patrimonio di 23 miliardi di dollari canadesi. Henry e gli altri inquilini hanno cercato di mettere subito le cose in chiaro con i nuovi proprietari. Lavorando con la York South-Weston tenant union (Yswtu), un’organizzazione che raccoglieva tredici associazioni di inquilini della zona, hanno organizzato delle proteste, hanno chiesto un incontro con il presidente della Dream, Michael Cooper, e hanno contattato i giornali. L’obiettivo era impedire ulteriori aumenti straordinari degli affitti.
Nell’estate del 2022 sono riusciti a negoziare una riduzione dell’aumento, ma l’affitto di Sharlene e Peter ormai era arrivato a quasi 1.500 dollari canadesi, più del doppio rispetto al 2003. Nonostante questo la donna si considera fortunata: “Dal punto di vista economico non ho problemi, a differenza di molti dei miei vicini”.
Strada rischiosa
Durante un’assemblea degli inquilini che si è svolta nell’aprile 2023, Theresa, la madre di Sharlene, ha lanciato un’idea provocatoria: e se smettessimo di pagare l’affitto? Era già successo in passato. Nel 2017 e nel 2018 alcuni abitanti di Parkdale, un quartiere in via di gentrificazione, nella zona occidentale di Toronto, avevano organizzato due scioperi che avevano avuto successo. Ma era una strategia rischiosa. In Ontario i proprietari possono avviare una procedura di sfratto anche se un inquilino salta un solo pagamento, e una volta sfrattate dal 33 di King street sarebbe stato difficile per quelle persone trovare un affitto a un prezzo simile nelle vicinanze. Alcuni avrebbero dovuto lasciare la città.
Alla fine dell’incontro circa cinquanta persone appoggiavano la proposta di Theresa, ma per indire lo sciopero c’era bisogno che almeno la metà degli inquilini fosse d’accordo. Poi, a maggio, sono stati battuti sul tempo da alcuni abitanti di Thorncliffe Park, un quartiere dall’altra parte della città. Nel 2022 e nel 2023 l’affitto in tre palazzi controllati dalla Starlight Investments è aumentato più del dovuto. Quando l’azienda ha annunciato che avrebbe fatto trattative individuali con gli inquilini, più di cento famiglie hanno smesso di pagare l’affitto.
La notizia ha dato coraggio agli abitanti del 33 di King street, che a giugno hanno cominciato il loro sciopero. Henry era euforica: “Stavamo dimostrando di poter mettere in moto un cambiamento e trasformarlo in qualcosa di più grande”. Durante l’estate e l’autunno gli abitanti di altri quartieri si sono uniti alla protesta. I motivi erano simili: aumenti degli affitti fuori controllo, infestazione di cimici, manutenzione inadeguata.
Oggi a Toronto ci sono centinaia le famiglie che non stanno pagando l’affitto. Anche se gli scioperi sono solo vagamente coordinati, si tratta probabilmente della più grande mobilitazione di questo tipo nella storia del Canada.
La lotta ha delle conseguenze. La
Dream ha avviato la procedura di sfratto per più di settanta inquilini del 33 di King street e la Starlight ha mandato lo stesso avviso a 75 persone a Thorncliffe Park. Probabilmente arriveranno altri sfratti, ma gli scioperanti sono fermi nella loro posizione: anche se hanno paura di perdere la casa, non possono più accettare la situazione attuale.
Questo attivismo sta divampando in tutto il paese, perché gli inquilini sono costretti a pagare affitti altissimi mentre le loro condizioni di vita peggiorano e il mercato immobiliare diventa sempre più ostile. Comunque andranno a finire, gli scioperi degli affitti di Toronto sono l’ultima e più importante battaglia di una nuova lotta di classe.
Competizione selvaggia
Dopo la fine della seconda guerra mondiale il Canada diventò un paese di proprietari di casa, mentre l’affitto era generalmente riservato agli studenti, alle famiglie a basso reddito, alle minoranze e agli immigrati. Ma oggi, con i prezzi proibitivi delle abitazioni, la percentuale di proprietari di casa sta scendendo per la prima volta da generazioni, soprattutto tra i più giovani. Le famiglie in affitto crescono a un tasso tre volte superiore rispetto a quelle con una casa di proprietà. Secondo un sondaggio Ipsos del marzo 2023, più del 60 per cento dei canadesi che non possiedono una casa ha abbandonato l’idea di comprarla. Questo significa che c’è una competizione fortissima per aggiudicarsi le poche case in affitto rimaste. Secondo la Canada mortgage and housing corporation, nel 2023 solo l’1,9 per cento degli appartamenti costruiti per essere messi in affitto erano vuoti, il dato più basso degli ultimi vent’anni. I canoni stanno aumentando di pari passo. A settembre a Vancouver, la città più costosa del Canada, per un appartamento di due stanze sulla piattaforma di annunci Rentals.ca si chiedevano in media 3.900 dollari canadesi (2.650 euro) al mese, rispetto ai 2.900 di quattro anni fa. A Toronto, dove metà della popolazione è in affitto, 3.400 dollari. Il reddito familiare mediano della città – 74mila dollari all’anno al netto delle tasse – non consente di stare tranquilli, tenendo conto che una famiglia ha anche bisogno di mangiare, trasporti, asili nido e altri beni e servizi di prima necessità.
In una certa misura, il problema è semplice: non ci sono abbastanza nuovi appartamenti per soddisfare la domanda, e questa scarsità sta spingendo in alto gli affitti. Secondo Steve Pomeroy, docente della Carleton university di Ottawa, oggi un appartamento nuovo in Canada viene messo sul mercato a un prezzo superiore del 150 per cento rispetto alle case già in affitto. Il mercato degli affitti non è semplicemente più costoso: sta diventando inaccessibile.
Secondo l’azienda, alcuni inquilini pagano l’affitto di nascosto ma dicono al sindacato che stanno partecipando allo sciopero
Ma c’è un’altra questione: sta cambiando anche il rapporto tra proprietari e inquilini. In passato la maggior parte delle nuove abitazioni in affitto era in condomini costruiti per quello scopo, gestiti da amministratori che si occupavano solo di affittare appartamenti. Negli ultimi vent’anni nuovi tipi di proprietari – singoli investitori e grandi aziende – hanno trasformato gli alloggi in affitto in una risorsa finanziaria. Questo ha portato ad aumenti più rapidi dei prezzi, vite più precarie e maggiori probabilità di conflitto.
Tra il 2011 e il 2021 le unità immobiliari in affitto in condomini controllati da piccoli investitori sono passate da circa 400mila a quasi 800mila. Il prezzo di questi appartamenti dipende dai capricci dei singoli proprietari invece che dalle valutazioni di amministratori professionisti. Secondo una ricerca di Pomeroy, le persone che vivono in affitto in questi appartamenti subiscono un maggior numero di sfratti “senza colpa”, cioè non determinati da gravi inadempienze ma da altre valutazioni, per esempio la volontà dei proprietari di vendere gli appartamenti o rilevarli per andarci a vivere.
Tentennamenti
Allo stesso tempo, le grandi aziende che possiedono terreni edificabili hanno conquistato una fetta maggiore del mercato. I fondi d’investimento immobiliari, gli hedge fund e aziende come la Starlight e la Dream hanno continuato a comprare, impossessandosi di gran parte del vecchio patrimonio di alloggi in affitto nel paese. Gli esperti del settore sostengono che l’obiettivo principale di queste aziende – generare rapidamente ricchezza per gli investitori o gli azionisti – causa aumenti più alti degli affitti e più sfratti, per sostituire i vecchi inquilini con persone in grado di pagare quei canoni e assicurare maggiori profitti. Nel 2022 Martine August, docente di urbanistica dell’Università di Waterloo, ha sottolineato questo punto in un rapporto per la commissione canadese per i diritti umani: “Gli appartamenti in affitto sono trattati come beni su cui investire e sono gestiti per generare il massimo profitto per gli investitori”. Le aziende ci riescono usando gli Agi: tra il 2012 e il 2019 a Toronto il 64 per cento di tutte le richieste di aumenti straordinari proveniva da grandi società. La Starlight ha presentato più domande di qualsiasi altra azienda della città.
Tony Irwin, amministratore delegato della Federation of rental-housing providers of Ontario, un’associazione che rappresenta chi ha proprietà in affitto, risponde che gli aumenti del canone sono dovuti ai tassi di interesse e ai costi di costruzione più alti. “Il tetto massimo per gli affitti non tiene conto della crescita dei costi di gestione”, sostiene Irwin.
Quando Sharlene Henry e sua madre hanno proposto per la prima volta l’idea di uno sciopero, gli altri inquilini avevano dei dubbi: la Dream avrebbe potuto cacciarli di casa? Cosa cercavano di ottenere? Per le due donne le risposte erano semplici. Per prima cosa, la Dream non poteva mandarli via, perché avrebbe dovuto ottenere un provvedimento di sfratto e sottoporre il caso alla Landlord and tenant board (Ltb), la commissione che regola i rapporti tra proprietari e inquilini. La Ltb aveva già molto lavoro arretrato, e il procedimento avrebbe richiesto mesi, forse anni. Rispetto alla seconda domanda, l’obiettivo era costringere la proprietà ad annullare le due richieste di aumento straordinario (che erano in sospeso), promettere una moratoria su quelle future e concedere agli inquilini una riduzione dell’affitto per compensare ristrutturazioni che avevano creato parecchi disagi. Nel 2021, poco dopo aver rilevato la proprietà, la Dream aveva fatto interventi per “decarbonizzare” il palazzo, sostituendo le finestre, riadattando il sistema di riscaldamento, ventilazione e condizionamento d’aria e aggiungendo pannelli solari. In teoria erano cambiamenti positivi, ma gli inquilini avevano denunciato una serie di problemi, tra cui rumori continui, interruzioni di servizio, polvere. Nell’estate del 2022 le ringhiere dei balconi erano state rimosse in attesa che fossero costruite e installate le nuove. Un anno dopo alcune non erano ancora state sostituite. Gli operai affollavano gli ascensori e l’attesa per usarli era così lunga che i bambini arrivavano spesso tardi a scuola e gli adulti mancavano gli appuntamenti con il medico.
Alcuni inquilini erano comunque scettici: pensavano che l’associazione volesse scioperare solo per ottenere l’affitto gratuito per tutti. Ma uno sciopero degli affitti non funziona così: una volta finito, i partecipanti devono pagare le mensilità saltate. Il punto era se quegli arretrati avrebbero incluso o meno gli Agi.
Altre persone non hanno avuto bisogno di essere convinte, soprattutto quelle che non possono permettersi neanche un rialzo minimo dell’affitto. Tra queste c’è Pathma Tharmathevarajah, una donna minuta e simpatica di 64 anni che vive al civico 33 da quindici anni e lavora in una fabbrica di lampadari della zona da 25 anni. Guadagna duemila dollari canadesi al mese e paga un affitto di 1.075 dollari. In caso di un aumento straordinario sarebbe costretta ad andarsene.
Altri inquilini erano semplicemente stanchi degli aumenti straordinari e delle continue ristrutturazioni. Gli sembrava che la Dream stesse cercando di cacciarli di casa. Nel rapporto sulla sostenibilità 2022 dell’azienda, il presidente Michael Cooper ha dichiarato: “Stiamo ristrutturando gli edifici di tutto il nostro portafoglio, il che ridurrà i costi operativi per sempre, farà aumentare gli affitti e attirerà inquilini che la pensano come noi”.
Tariffe giuste
Una volta partito lo sciopero, nel giugno 2023, i rappresentanti della Yswtu hanno cominciato a contattare gli inquilini due volte alla settimana, al telefono e di persona. Sharlene Henry dice che sua madre Theresa è stata “la regista” dello sciopero. Conoscendo benissimo i suoi vicini, la loro vita e le loro idee politiche, ha aiutato a reclutarli. Hanno affisso manifesti, organizzato raduni e proteste e perfino una festa di quartiere con il furgone dei gelati.
Vivendo in un palazzo con tanti appartamenti, si può sentire l’odore di quello che i vicini stanno cucinando per cena e le urla dei bambini. Ma ci si può anche sentire soli. Lo sciopero ha contribuito ad abbattere le barriere, dando a tutti un obiettivo comune. In una società in cui quasi tutto – l’economia, la politica, il clima – è diventato opprimente, lo sciopero dà la sensazione di avere un minimo di controllo. Stare fianco a fianco con gli altri per cercare di capire come superare i momenti difficili fa provare una gioia unica. Durante una protesta Montas Descollines, un inquilino di 65 anni originario di Haiti, mi ha parlato dell’importanza di avere uno scopo collettivo: “Ricchi o poveri”, ha detto, “respiriamo tutti la stessa aria”.
A metà giugno la Dream ha cominciato a convocare gli inquilini, chiedendogli perché non stavano pagando l’affitto. Ha mandato lettere in cui li avvertiva che stavano violando la legge e gli proponeva di risolvere il problema facendo accordi individuali. Quando ho parlato con Michael Cooper, il presidente della Dream, mi è sembrato sinceramente offeso dalle critiche ricevute dagli inquilini: “C’è una crisi immobiliare in corso. Su questo siamo d’accordo. Ma loro dicono cose terribili su di noi e questo non aiuta né noi né loro”.
Cooper sostiene che la Dream ha sempre investito nella comunità. Poco dopo aver comprato il palazzo al 33 di King Street, per esempio, ha creato un circolo per la colazione e i compiti dei bambini, oltre a offrire corsi di inglese come seconda lingua e di nuoto. Ha mandato i bambini al campeggio estivo e ha assegnato 59mila dollari di borse di studio. E, grazie anche ai finanziamenti della Canadian mortgage and housing corporation, ha fatto in modo che 137 appartamenti del palazzo fossero messi in affitto a non più del 30 per cento del reddito mediano degli affittuari di Toronto nel 2019. Sarebbero circa 1.350 dollari al mese. Gli intestatari possono subire aumenti solo secondo le linee guida degli affitti calmierati ed essere esentati da futuri Agi. Gli appartamenti a prezzi accessibili devono anche essere consegnati ai nuovi inquilini alla tariffa dei precedenti.
Cooper ritiene che il sindacato stia sfruttando la situazione per portare avanti un piano politico sugli affitti, cosa che secondo lui è responsabilità del governo, non di aziende come la sua. Anche se la Dream ha reagito, l’attivismo degli inquilini è cresciuto. Più di cinquanta organizzazioni di cittadini – tra cui FoodShare, Ywca e Social planning Toronto – hanno espresso il loro sostegno.
Il coinvolgimento della Yswtu è stato fondamentale. Guidata da Bruno Dobrusin, un attivista sindacale e climatico originario dell’Argentina, e dall’assistente sociale Chiara Padovani, la Yswtu rappresenta circa duemila inquilini della zona. È attiva, aggressiva e popolare. Alle elezioni locali del 2022 Padovani si è candidata contro la consigliera comunale locale, Frances Nunziata, con un programma incentrato sui problemi degli inquilini, e ha perso per cento voti appena.
La lotta si allarga
Il primo luglio, un mese dopo l’inizio dello sciopero, si sono aggiunti alla protesta novanta inquilini di un altro palazzo della Dream a meno di un isolato di distanza. Si tratta di un edificio lussuoso rispetto a quello di King street. Gli affitti sono molto più alti e non sono calmierati. Il palazzo è stato completato nel 2019, un anno dopo che il governo conservatore dell’Ontario aveva eliminato il tetto agli affitti per le nuove costruzioni, nel tentativo di stimolare l’avvio di altri cantieri. Gli inquilini hanno subìto aumenti mensili dal sette al nove per cento ogni anno. Gli appartamenti con una camera costano 2.344 dollari canadesi al mese. Le persone che ci abitano sono generalmente più ricche di quelle al civico 33 di King street, ma il fatto che si siano unite alla lotta dimostra quanta gente soffre per la crisi degli affitti.
Ad agosto la Dream ha cominciato a emettere avvisi di sfratto, e lo stesso ha fatto la Starlight di Thorncliffe Park. Queste dispute devono essere risolte dalla Landlord and tenant board (Ltp), che è molto in ritardo con le pratiche. Ma a settembre gli inquilini di Weston hanno ricevuto un aiuto inaspettato. Olivia Chow, da poco eletta sindaca di Toronto, ha accettato di fare da mediatrice e di partecipare a un incontro tra loro e la Dream. Per alcuni attivisti è stato importante vedere la più importante autorità cittadina interessarsi ai loro problemi. “Nessun politico aveva fatto una cosa del genere”, dice Pierce Nettling, un geografo urbano iscritto al sindacato degli inquilini di Victoria, nella British Columbia. “È la prima volta che un sindaco riconosce un’associazione degli inquilini e dice: ‘Hanno diritti politici e dobbiamo parlare con loro’”.
Ma i dirigenti della Dream non hanno fatto passi indietro. Su consiglio degli avvocati, si sono rifiutati di fare concessioni mentre l’Ltb esaminava la disputa. L’incontro si è tenuto comunque, il 14 settembre. La sala era piena di inquilini, molti dei quali indossavano magliette e distintivi dell’Yswtu. Frances Nunziata si è seduta vicino a Chow. La sindaca ha parlato di ciò che potrebbe fare per gli affittuari, inclusa l’apertura di un ufficio per l’assistenza. Dopo l’incontro, Sharlene Henry era cautamente ottimista: “La sindaca ha detto che non vuole far perdere la casa a nessuno”. Ma alla fine non dipendeva da lei.
Le strategie aggressive degli inquilini si stanno diffondendo in tutto il paese, anche perché le misure più ortodosse non sembrano funzionare. Anni fa l’associazione degli inquilini di Vancouver ha cercato di cambiare le cose facendo pressione sul consiglio comunale per far approvare politiche a protezione degli affittuari. Ma, nonostante tutti i suoi sforzi, non è riuscita a ottenere niente di concreto. Nel 2022 il governo provinciale di Prince Edward Island ha chiesto aiuto al gruppo di attivisti Fight for affordable housing per rivedere la legge sulla locazione. Tuttavia, alla fine i funzionari hanno accettato solo quattro delle 27 raccomandazioni fatte dall’organizzazione. Per Cory Pater, che fa parte del gruppo, gli scioperi di Toronto sono un’ispirazione. “Le persone vengono derubate per avere appartamenti che, in media, non sono neanche ben curati. Incontrarsi e cercare di trovare soluzioni è la risposta naturale a questo problema”.
A Montréal, nella provincia del Québec, il sindacato autonomo degli inquilini sta seguendo con attenzione gli scioperi di Toronto e sta programmando un’azione simile contro una proposta di legge che consentirebbe ai proprietari di eliminare i trasferimenti di locazione, con cui gli affittuari possono passare un contratto a basso canone a un nuovo affittuario. A settembre il sindacato ha convinto 250 inquilini a partecipare allo sciopero, ma ha intenzione di andare avanti solo se riuscirà a coinvolgerne cinquemila.
In tutto il paese le associazioni degli inquilini sono circa quaranta. Gli ultimi sono nati a Victoria, Montréal e perfino in piccole città come Nelson, nella British Columbia. Sperano che altri inquilini costretti a pagare prezzi troppo alti reagiscano, in modo da cambiare i termini del dibattito e togliere potere ai proprietari. Per loro gli scioperi di Toronto segnano l’inizio di una nuova fase, in cui la classe in rapida crescita degli affittuari combatte collettivamente per difendere i propri interessi.
Il giorno dopo l’incontro con Chow, ho accompagnato Sharlene Henry nel suo giro degli appartamenti, per vedere come stavano le famiglie e offrire aiuto a chi aveva ricevuto l’avviso di sfratto. Abbiamo parlato con una ragazza in tuta e sandali da doccia. Henry le ha chiesto se aveva deciso di aderire allo sciopero. La donna ha sorriso timidamente e ha risposto che ci stava pensando. Era favorevole, ma temeva di perdere il diritto alle riparazioni che aveva chiesto. Era tentata di trasferirsi, ma ha scoperto che la situazione era cambiata dall’ultima volta che aveva cercato un appartamento: ora molti proprietari vogliono la firma di un garante sul contratto e chiedono ai potenziali inquilini se guadagnavano almeno 75mila dollari all’anno.
Resa dei conti
Chiara Padovani, attivista dell’Yswtu, sostiene che gli inquilini in sciopero sono circa duecento. La Dream continua a dichiararne un numero molto inferiore, 45, in calo rispetto all’inizio dello sciopero. Secondo l’azienda, alcuni pagano l’affitto di nascosto ma dicono al sindacato che stanno partecipando. La Dream dice di includere nel conteggio solo chi non paga l’affitto dall’inizio dello sciopero, e sostiene che qualsiasi pagamento fatto in seguito dimostra che quegli inquilini non stanno scioperando. Padovani respinge questa logica e sottolinea il numero delle procedure di sfratto: alla fine di ottobre è stato chiesto a 76 inquilini del palazzo di lasciare i loro appartamenti per morosità. Questo numero non include tutti gli scioperanti. Sharlene Henry, per esempio, non ha ricevuto l’avviso.
A ottobre al Landlord and tenant
board si è tenuta la prima udienza di sfratto per il caso di due inquilini di Thorncliffe Park. L’incontro si è svolto online e almeno cento persone si sono collegate per assistere. A fare da arbitro c’era Sean Henry (nessuna parentela con Sharlene), che parlava con lunghi periodi sconnessi ma forbiti. I proprietari erano rappresentati da un avvocato anziano e con modi sbrigativi. L’avvocata degli inquilini, una donna giovane, seria, piena di buona volontà, ha chiesto se quel caso poteva essere accorpato con gli altri 74 degli inquilini di Thorncliffe Park che rischiavano lo sfratto e che lei rappresentava. Così potevano essere ascoltati nella stessa data, visto che le prove e la difesa sarebbero state le stesse per tutti. L’avvocato dei proprietari ha detto che questo avrebbe ritardato ulteriormente il procedimento e che se gli inquilini avessero continuato a non pagare l’affitto, la Starlight non sarebbe stata in grado di fare le manutenzioni.
Alla fine Sean Henry si è schierato con l’avvocata degli inquilini in nome dell’“economia giudiziaria”. Tutti i 75 casi sarebbero stati discussi entro la fine dell’anno.
Bruno Dobrusin, della Yswtu, pensa che l’udienza sia stata un passo avanti: “I proprietari vogliono sempre occuparsi di un caso alla volta”. Secondo lui è questo il nocciolo della questione: coinvolgere più persone, restare uniti.
Per tutto l’autunno Sharlene Henry ha continuato a organizzare proteste, a parlare con i mezzi d’informazione. Si sta preparando per le udienze di sfratto degli inquilini di Weston, che si dovrebbero tenere all’inizio del 2024. E sta tenendo corsi per le donne che vogliono parlare in pubblico, presso l’Unifor family education centre, una struttura per la formazione sindacale di Port Elgin, una piccola città sulle rive del lago Huron, a nordovest di Toronto. Si è affezionata a quel posto. È carino, e lei sta contribuendo a formare un nuovo gruppo di lavoratrici. In una delle sue ultime visite ha portato con sé suo figlio Xavier. Anche a lui è piaciuto. Poteva andare in spiaggia e giocare ai videogiochi, e dormivano in una casetta a schiera molto più grande del loro appartamento.
Dopo un paio di giorni, però, a Henry mancavano alcune cose di Toronto: la famiglia, naturalmente, ma anche il trambusto della vita di città. Voleva solo tornare a casa. ◆ bt
Nei paesi occidentali gli scioperi degli affitti non sono una novità. Vice News ha raccontato la storia di Pauline Newman, una sindacalista lesbica, femminista e socialista che nel 1907, quando i padroni di casa di New York cercarono di aumentare il costo degli affitti, guidò una protesta a Manhattan. Circa diecimila famiglie si rifiutarono di pagare l’affitto. Nei decenni successivi la loro lotta ispirò l’attivismo degli inquilini della città, che portò all’approvazione delle leggi sul controllo degli affitti in vigore ancora oggi. Si è tornato a parlare di scioperi degli affitti nel 2020, quando milioni di persone hanno perso il lavoro o si sono impoverite a causa della pandemia. A maggio di quell’anno sono scoppiate proteste in California, New York, Pennsylvania e altri stati americani. Iniziative simili ci sono state anche in Europa e in Italia, in particolare a Bologna, nel quartiere della Bolognina. Negli ultimi tre anni i prezzi in molte città occidentali hanno continuato a crescere, mentre i governi e le amministrazioni locali non riescono a offrire soluzioni, quindi gli inquilini si sono organizzati e in molti casi hanno smesso di pagare. Tra le persone più colpite ci sono gli studenti universitari, che spesso non possono permettersi di vivere nella città dove studiano. “All’inizio del 2023 decine di studenti di Manchester, nel Regno Unito, hanno smesso di pagare la retta degli studentati, protestando per le pessime condizioni delle stanze e chiedendo all’ateneo una riduzione del 30 per cento dei costi”, ha scritto il Guardian. Mesi dopo centinaia di studenti italiani hanno protestato accampandosi con le tende davanti a molte università, tra cui quelle di Roma, Milano, Firenze, Padova e Cagliari. L’aumento degli affitti brevi per turisti ha fatto impennare i prezzi degli immobili e sta riducendo il numero di appartamenti concessi in affitto agli studenti. Secondo i dati del 2023, la città con gli affitti più alti per gli studenti è Milano, dove una stanza singola costa in media 627 euro al mese. Poi Bologna (482 euro) e Roma (463). ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1546 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati