Con la decisione unanime della corte costituzionale di confermare la messa in stato d’accusa del presidente Yoon Suk-yeol, il pericoloso vuoto politico in Corea del Sud può finalmente essere colmato. Il leader dei progressisti Lee Jae-myung sarà il candidato da battere per lo sfidante (o gli sfidanti) che i conservatori sceglieranno in vista delle elezioni del 3 giugno.

Ma gli eventi seguiti alla proclamazione della legge marziale da parte di Yoon il 3 dicembre scorso – le affollate manifestazioni a favore e contro di lui – hanno messo a nudo la profonda divisione politica del paese. Un divario che non si può spiegare con la solita contrapposizione tra progressisti e conservatori. La storia offre una bussola migliore della politica per capire questa nuova linea di faglia. Per rendersi conto della crepa basti pensare al dramma che si è consumato nelle strade di Seoul negli ultimi quattro mesi. Subito dopo il decreto del presidente sono esplose manifestazioni di massa contro l’idea assurda di riportare il paese sotto un governo militare. Indignati per l’affermarsi di una presidenza autoritaria, i manifestanti hanno applaudito i deputati del Partito democratico – a cui si sono aggiunti alcuni rappresentanti del partito conservatore di Yoon – che il 14 dicembre in parlamento hanno votato a favore della messa in stato d’accusa.

Dopo questa prima vittoria, la maggior parte dei manifestanti è tornata al lavoro, a scuola e alle abitudini della vita quotidiana. Nel frattempo sono usciti allo scoperto i sostenitori di estrema destra del presidente. Sono scesi in piazza sempre più numerosi, sventolando bandiere sudcoreane e statunitensi, esibendo cartelli con su scritto #StopTheSteal e applaudendo ai sermoni incendiari di pastori protestanti favorevoli a Yoon, il tutto ripreso in diretta streaming da youtuber della nuova destra.

Per tutto l’inverno i sostenitori di Yoon hanno ingigantito le accuse del presidente di un complotto nordcoreano e cinese portato avanti da “forze antistatali” traditrici della Corea del Sud. Agli occhi dei suoi sostenitori, Yoon stava cercando di ripristinare la legge, l’ordine e la “libera democrazia”, anche a costo di trasformarla temporaneamente in una dittatura.

La distanza tra difensori e oppositori di Yoon supera la distinzione convenzionale tra conservatori e progressisti. Gli elettori sudcoreani sono ampiamente d’accordo su varie questioni politiche che nella maggior parte dei paesi separano la destra dalla sinistra. I progressisti sono generalmente a favore di una forte spesa per la difesa, mentre i conservatori vogliono scuole, ospedali e infrastrutture pubbliche ben finanziate. Entrambi i partiti sono d’accordo sulla leva obbligatoria (maschile) e sull’assistenza sanitaria universale. Il sostegno all’alleanza con gli Stati Uniti e la diffidenza verso la Cina sono condivisi da entrambi gli schieramenti, ma nessuno vuole un conflitto tra Washington e Pechino. Certo, ci sono differenze significative tra progressisti e conservatori in politica interna ed estera, ma non corrispondono al divario espresso dalle manifestazioni. La storia spiega questa scisssione.

Una storia alternativa

Agli occhi dei progressisti, imponendo la legge marziale Yoon ha riaperto le ferite della storia recente della Corea del Sud. L’ordine di chiudere la legislatura, vietare le attività politiche e censurare i mezzi d’informazione ha ricordato la lunga epoca dei governi autoritari cominciata agli albori della Repubblica di Corea. Il primo presidente, Syngman Rhee, fu eletto nel 1948, quando il paese era sotto il controllo militare statunitense. Rhee rimase aggrappato al potere manipolando la parvenza di democrazia elettiva per tutti gli anni cinquanta. Poi fu la volta del generale Park Chung-hee, che organizzò un colpo di stato nel 1961 e governò con il pugno di ferro per vent’anni, fino a quando fu ucciso dal capo dei servizi segreti. L’era della dittatura militare culminò con il generale Chun Doo-hwan, che prese il potere con un colpo di stato nel 1979 e lo esercitò con brutalità fino alla rivoluzione democratica del 1987. Le decine di migliaia di persone che hanno manifestato per rimuovere Yoon dal suo incarico, e con loro altri milioni di persone che hanno condiviso lo stesso senso d’indignazione e umiliazione, hanno visto nella decisione del presidente una rievocazione di demoni che dovrebbero essere scomparsi già da quarant’anni.

La maggior parte dei sudcoreani considera il passato del paese durante la guerra fredda come una lotta dei cittadini per realizzare i princìpi democratici sanciti dalla costituzione ma violati da un presidente dopo l’altro, fino a che, nel 1987, ci sono state elezioni libere e giuste. Mentre però i “progressisti” provano orrore all’idea di tornare all’autoritarismo dei tempi della guerra fredda, i “conservatori” difendono il presidente perché temono lo spauracchio della guerra fredda: il comunismo.

In questo versione alternativa della storia, Syngman Rhee, Park Chung-hee e Chun Doo-hwan sono stati eroi, e Yoon è della loro stessa pasta. Sono stati leader tenaci in tempi difficili e hanno fatto del loro meglio per proteggere la Corea del Sud dall’invasione, dalla sovversione e dalla coercizione per mano del vicino totalitario. Il paese ha bisogno di leader vigili, a volte spietati, che facciano tutto il necessario per proteggerlo dai nemici comunisti e dai “nemici interni” che agirebbero per loro conto.

Con queste premesse, per il movimento della nuova destra la sfida che Yoon aveva davanti è la più grande di tutte. La Corea del Sud è in prima linea contro l’asse dei governi autoritari, contrapposta a una Corea del Nord ostile e dotata di armi nucleari, alleata militarmente alla Russia e sostenuta diplomaticamente da una Cina ricca e potente.

La battaglia nelle strade di Seoul contrappone la paura della sovversione comunista alla fiducia nella costituzione. La sentenza della corte costituzionale è una chiara vittoria della fiducia sulla paura. Tuttavia, mentre si preparano le elezioni presidenziali, i sudcoreani continueranno a essere divisi da interpretazioni del passato che producono visioni opposte del futuro. Servirà un grande sforzo sia dei progressisti sia dei conservatori per garantire che il centro regga e che l’estrema polarizzazione mostrata negli ultimi mesi non diventi la nuova normalità. ◆ gim

John Delury è uno storico dell’Asia orientale, esperto delle relazioni tra Stati Uniti e Cina e della penisola coreana.

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Questo articolo è uscito sul numero 1609 di Internazionale, a pagina 39. Compra questo numero | Abbonati