Due studi di milioni di stelle della nostra galassia hanno rivelato misteriosi picchi di radiazioni infrarosse provenienti da alcune decine di astri. Per gli astronomi potrebbe essere la prova dell’esistenza di civiltà aliene che sfruttano l’energia delle stelle tramite un’immensa struttura detta sfera di Dyson, anche se non si possono escludere spiegazioni diverse.
Teorizzate per la prima volta negli anni sessanta, le sfere di Dyson sono ipotetiche strutture capaci di circondare intere stelle per assorbirne le radiazioni, con cui civiltà extraterrestri progredite potrebbero attingere enormi quantità di energia. Strutture di questo tipo emetterebbero un bagliore infrarosso rilevabile, una “tecnofirma” che può indicare la presenza di vita aliena.
Per cercare le sfere di Dyson due team di astronomi, uno coordinato da Matías Suazo dell’università svedese di Uppsala e l’altro da Gabriella Contardo della Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste (Sissa), hanno combinato i dati del satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea – che sta mappando la posizione e il moto dei miliardi di stelle della nostra galassia – con i risultati delle osservazioni sugli infrarossi ricavate dai telescopi terrestri e spaziali.
I ricercatori hanno poi analizzato cinque milioni di stelle, riscontrando segnali di un eccesso di radiazioni non imputabili a processi naturali noti. “La spiegazione più affascinante potrebbe essere la conferma dell’esistenza delle sfere di Dyson”, dice Suazo. Il suo team ha rilevato i segnali intorno a sette nane rosse entro novecento anni luce dalla Terra: queste stelle sono più piccole e fioche del nostro Sole, ma nell’infrarosso sono apparse oltre sessanta volte più luminose del previsto.
Fenomeni naturali
Un simile eccesso di radiazioni è il frutto di temperature compatibili con quanto ci si aspetterebbe da una sfera di Dyson, e oscurerebbe il 16 per cento di ognuna di queste stelle. Se il segnale avesse un’origine artificiale, quindi, sarebbe più probabilmente una variante del concetto chiamata sciame di Dyson, un gruppo di enormi satelliti che orbita intorno a un astro per catturarne l’energia. “Non è un guscio completo”, spiega Jason Wright della Pennsylvania state university, che fa parte del gruppo di Suazo.
I risultati del gruppo di Contardo sono più ampi, con 53 candidate tra le stelle più grandi, di cui alcune simili al Sole, a distanze fino a 6.500 anni luce dalla Terra. Pur non essendo decisivi, “i due insiemi di candidate sono entrambi interessanti”, dice. “Per avere conferme occorrono ulteriori osservazioni”.
Un fenomeno naturale che spiegherebbe la somiglianza con le proprietà di una sfera di Dyson è la presenza di dischi protoplanetari di detriti incandescenti, anche se la maggior parte delle stelle prese in esame sembra troppo antica per averne. Un’altra ipotesi è che ogni stella si trovi di fronte a una galassia lontana che emette una radiazione infrarossa.
I segnali potrebbero inoltre essere il frutto di un processo naturale ignoto. “Magari si verifica in casi molto rari, per esempio quando due pianeti si scontrano producendo un’enorme quantità di materiale”, spiega David Hogg della New York university, che ha lavorato con Contardo. “Secondo me si tratta quasi certamente di un fenomeno naturale”.
Il telescopio spaziale James Webb potrebbe fornirci nuove informazioni su queste stelle e rivelare se la radiazione infrarossa proviene da materiale stellare naturale o da altro. “O escluderemo del tutto le sfere di Dyson, concludendo che queste strutture sono rarissime e difficili da individuare, oppure resteranno delle candidate, e le studieremo molto, molto a fondo”, commenta Wright. ◆ sdf
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Questo articolo è uscito sul numero 1563 di Internazionale, a pagina 104. Compra questo numero | Abbonati