Adam Bowen e James Monsees sono due studenti di design all’università di Stanford, in California. Si ritrovano durante le pause tra le lezioni per fumare una sigaretta, maledicendo le loro cattive abitudini. Insieme cominciano a studiare un modo per poter avere gli effetti calmanti e stimolanti della nicotina senza dover bruciare in modo nocivo carta e tabacco. Dopo qualche anno di ricerche mettono a punto la Juul, una “sigaretta elettronica” che permette di assimilare i principi attivi della nicotina in forma liquida grazie a un processo di vaporizzazione. L’omonima startup promette di sostituire entro i prossimi cinquant’anni le sigarette, eliminando così questa brutta abitudine negli adulti e abbassando la mortalità per tumore ai polmoni. Questa è la narrazione che la Juul ha usato per anni. Da un lato però la raccolta di finanziatori, che ha portato la startup a raggiungere una valutazione di 28 miliardi di dollari, ha puntato direttamente sulla vecchia industria del tabacco e dall’altro l’aggressiva campagna di marketing ha convinto molti adolescenti a diventare clienti ossessivi delle sigarette elettroniche. Ty Montague è un esperto di reputazione aziendale e in questo podcast mette in evidenza il divario tra quello che le grandi aziende dichiarano di fare e quello che fanno nella realtà.
Jonathan Zenti
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Questo articolo è uscito sul numero 1454 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati