Connie Walker è una giornalista canadese di origini cree che si occupa di casi di cronaca in cui sono coinvolti nativi americani. Tra le tante storie raccontate però, le mancava la più personale. Verso la fine degli anni settanta suo padre, che si era da poco arruolato nella polizia, aveva fermato un uomo per un controllo: dopo aver verificato il nome sui documenti, lo aveva preso a calci e pugni lasciandolo agonizzante al suolo. L’uomo che suo padre aveva riconosciuto era un sacerdote del St. Michael’s, uno dei più importanti collegi cattolici della provincia del Sas­katchewan, che aveva abusato di lui quando era bambino. Tra il 1870 e il 1970 il governo canadese mise in atto un vero e proprio piano di annientamento culturale dei minori nativi americani, che venivano strappati alle loro famiglie e “rieducati” alla cultura bianca attraverso violenze fisiche e sessuali messe in atto da preti, suore e politici locali. La ricostruzione della vicenda paterna attraverso le voci dei parenti e dei compagni di scuola è l’occasione per Walker di raccontare quello che è stato fatto alla sua comunità, mentre cerca di camminare su un filo sottile, sospesa tra il bisogno di vendetta e la difficile riconciliazione tra la cultura nativa e quella bianca. Un lavoro intimo e completo che le è valso, tra gli altri, il Peabody award e il premio Pulitzer. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1514 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati