Alla fine del 2019 a Laura viene diagnosticato un tumore al seno. Le cure alle quali si deve sottoporre potrebbero mettere a rischio la sua fertilità per cui, d’accordo con i medici, decide di congelare gli ovuli al Fertility center dell’università di Yale, negli Stati Uniti, prima della terapia. La procedura prevede l’inserimento di un ago nel condotto vaginale fino alle ovaie. La paziente deve essere sedata e per questo le viene somministrata una soluzione di midazolam, un miorilassante, e di fentanyl, un antidolorifico oppiaceo. Pochi secondi dopo l’inizio dell’intervento Laura comincia a sentire un dolore che non aveva mai provato prima. I medici le dicono di “stare calma”, di “non esagerare”, di rilassarsi, e le attribuiscono una generica “resistenza al farmaco”. Eppure il dolore durante l’operazione non diminuisce. Qualche mese più tardi Laura e altre pazienti ricevono una lettera dalla clinica: si è scoperto che Donna Monticone, la caposala, affetta da una dipendenza da oppiacei, per mesi aveva svuotato le fiale di fentanyl per sostituirle con una soluzione di acqua e zucchero. Questa inchiesta del New York Times si concentra sui racconti delle vittime, sulla loro esperienza del dolore fisico, sul pregiudizio medico nei confronti della maternità e sui rischi di affidare la salute dei cittadini a cliniche private. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1521 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati