ANayib Bukele piace scherzare su di sé. Quando si diplomò, quasi 25 anni fa, nell’annuario delle superiori si descrisse come class terrorist, il terrorista della classe. Voleva ironizzare su quello che significa essere un ragazzo di origine palestinese in un paese, El Salvador, dominato da una classe bianca con radici europee. Il suo modo di affrontare le avversità non è cambiato molto. Nel 2022, quando cominciava a essere criticato per le sue tendenze autoritarie, Bukele ha cambiato la sua biografia su Twitter definendosi “il dittatore più _cool _del pianeta”. All’inizio aveva suscitato nel Salvador e all’estero un’ondata di simpatia, soprattutto tra i giovani che avevano visto i video in cui apparivano centinaia di affiliati delle bande criminali in catene nei cortili delle prigioni. Annunciarsi goliardicamente come satrapo di questo piccolo paese di poco più di sei milioni di abitanti potrebbe essere divertente, se non fosse per il preoccupante deterioramento della democrazia dalla sua ascesa al potere.
Oggi la popolarità di Bukele è altissima. Secondo tutti i sondaggi, il 4 febbraio sarà rieletto presidente del Salvador con una maggioranza schiacciante. Quasi certamente non sarà necessario il ballottaggio. I suoi capelli pettinati con il gel, la barba curata, i jeans, il cappellino sistemato all’indietro e la voce accattivante faranno ancora parte della vita quotidiana dei salvadoregni, almeno fino al 2028. Bukele si presenta per un secondo mandato anche se sei articoli della costituzione vietano espressamente una rielezione consecutiva. Ma la camera costituzionale della corte suprema, un organo sotto il suo controllo, ha stabilito con un’interpretazione discutibile che Bukele avrebbe potuto partecipare alle elezioni se avesse lasciato l’incarico sei mesi prima della fine del mandato. E lui lo ha fatto.
Il successo delle sue politiche di sicurezza è innegabile, ma a quale prezzo? Poco dopo essere diventato presidente, Bukele ha negoziato una tregua con le principali bande del paese, la Mara salvatrucha 13 e il Barrio 18. Le pandillas arrivarono nel Salvador alla fine degli anni ottanta, dopo che i salvadoregni fuggiti in California durante la guerra civile (1980-1992) furono espulsi dagli Stati Uniti. A marzo del 2022 Bukele ha rotto il patto e ha decretato lo stato d’emergenza. Nei giorni precedenti erano stati commessi ottanta omicidi.
Da un giorno all’altro tutto è cambiato: le autorità hanno usato il pugno di ferro e fino a oggi hanno arrestato più di 70mila presunti affiliati alle gang. La pace si è imposta in zone che per decenni erano state sotto il controllo dei gruppi criminali. I pagamenti delle estorsioni ammontavano al 3 per cento del pil e il costo annuale della violenza al 16 per cento, una cifra stratosferica.
Nel 2023, secondo dati che alcuni mettono in dubbio, El Salvador ha registrato 2,4 omicidi ogni centomila abitanti, uno dei valori più bassi dell’America Latina; prima dell’arrivo di Bukele al governo, il paese aveva il tasso di omicidi più alto del mondo: 103. Oggi basta andare in un qualsiasi quartiere della capitale San Salvador per vedere che le bande armate non ci sono più e sentire i commenti entusiasti degli abitanti sul presidente.
Senza scrupoli
“Bukele è coraggioso, complicato, autoritario, pensa velocemente e ha la capacità di prendere decisioni a prescindere dai mezzi che servono per raggiungere l’obiettivo. Non ha scrupoli”, mi ha detto al telefono una persona che ha lavorato a stretto contatto con lui. La smania di imporre la sua legge a tutti i costi ha deteriorato i diritti umani. L’ong Human rights watch ha denunciato numerosi abusi durante lo stato d’emergenza. Altre organizzazioni hanno documentato torture, arresti arbitrari e morti sospette nelle carceri. Avvocati e parenti delle vittime testimoniano che i detenuti non possono avere contatti con nessuno e sono sottoposti a processi senza testimoni.
Gustavo Flores-Macías, professore specializzato in governo e politiche pubbliche alla Cornell university, negli Stati Uniti, crede che le elezioni del 4 febbraio saranno un referendum sulle misure adottate da Bukele. Con l’opposizione distrutta, il suo partito Nuevas ideas avrà di nuovo la maggioranza in parlamento. Il paese, in questo momento, è suo. “I risultati delle politiche di pubblica sicurezza hanno superato le previsioni più ottimistiche, ma il costo in termini di diritti umani e individuali è stato alto”, spiega Flores-Macías. Il giusto processo è scomparso e le autorità possono arrestare quasi liberamente qualsiasi persona sospetta.
“Se Bukele vincerà con un ampio margine, come è molto probabile, il messaggio sarà chiaro: la disperazione dei salvadoregni per la violenza è così profonda che lo stato di diritto può passare in secondo piano”, afferma il professore.
Un modello nel continente
Secondo Valeria Vásquez, analista per l’America Centrale della società di consulenza Control risks, nel Salvador c’è stato un significativo declino della democrazia. “Bukele ha sostituito il procuratore generale e molti giudici, e la separazione dei poteri è stata cancellata. La situazione è destinata a peggiorare ulteriormente”, afferma. Oggi le strade del paese sono più sicure e questo spiega la sua enorme popolarità. “Continueremo a sentir parlare molto di lui nei prossimi anni. È solo l’inizio”, afferma Vásquez.
I metodi di Bukele per combattere la criminalità stanno ispirando altri governi della regione. Per gestire la crisi di violenza in cui è precipitato il paese, il presidente dell’Ecuador Daniel Noboa ha annunciato la costruzione di due prigioni sullo stile del megacarcere messo a punto dal leader salvadoregno per rinchiudere i presunti affiliati alle bande criminali. Anche sindaci e governatori in Perù, Cile e Argentina vogliono seguire l’esempio di Bukele.
Nessuno sembra in grado di fermare il presidente, che è felice di divorare tutto quello che lo circonda. Qualche settimana fa si è fatto fotografare con Lionel Messi e l’intera squadra dell’Inter Miami. A settembre, all’assemblea generale delle Nazioni Unite, tutti hanno seguito il discorso di questo politico di 42 anni, ex manager di una concessionaria Yamaha, con un padre che ha avuto dieci figli da sei donne diverse. Questo politico in pochissimo tempo ha smantellato i gruppi criminali del Salvador a scapito dei diritti umani fondamentali. Tutto indica che la maggioranza dei salvadoregni gli darà di nuovo fiducia. ◆ fr
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Questo articolo è uscito sul numero 1548 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati